Una migliore qualità della vita del paziente durante le cure antitumorali, più tempo per il medico da dedicare al dialogo con l’assistito, meno attese in ospedale e un’organizzazione sanitaria più agile, con meno personale impegnato grazie a una modalità di somministrazione innovativa per alcuni farmaci contro il cancro al seno e il linfoma: l’iniezione sottocutanea che sostituisce l’infusione.
Un ‘piccolo’ cambiamento che incide però notevolmente anche sulla spesa, con la possibilità di risparmiare oltre 60 milioni di euro in costi sociali, organizzativi e sanitari. Si riducono infatti i tempi di somministrazione che passano da 90 a 5 minuti, mentre i tempi di attesa in ospedale calano del 34% e si taglia del 50% la permanenza in Day hospital, come indicano i dati dello studio realizzato dall’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari (Altems) dell’università Cattolica di Roma, presentato oggi nella Capitale. Il Report è stato realizzato con il sostegno di Roche.
La ricerca – che ha valutato aspetti assistenziali, economici, sociali ed etici – ha riguardato il trattamento del carcinoma mammario e del linfoma non Hodgkin con anticorpi monoclonali (rituximab e trastuzumab) somministrati sottocute grazie alle nuove tecnologie. I dati hanno indicato – come hanno spiegato gli esperti – che ‘terapie brevi’ consentono di salvaguardare la qualità di vita del paziente e contemporaneamente di rendere più efficiente il sistema da un punto di vista organizzativo, economico e sociale.
“I risultati che sono stati raggiunti oggi grazie alla ricerca scientifica erano impensabili fino a pochi anni fa e questo ha permesso a milioni di persone in tutto il mondo di portare avanti progetti di vita, guardando con speranza al futuro oltre la malattia”, afferma Davide Petruzzelli, presidente dell’associazione pazienti La Lampada di Aladino Onlus. “Tuttavia – aggiunge – è fondamentale che le innovazioni anche tecnologiche siano rese note ai pazienti, disponibili nelle strutture ospedaliere e recepite nell’organizzazione del percorso di cura, altrimenti affermare la centralità del paziente rischia di diventare un semplice slogan”.
Il Report di Altems si basa su oltre 3 mila questionari compilati dai pazienti e da più di 60 centri ospedalieri coinvolti in tutta Italia. La visione d’insieme ottenuta dallo studio evidenzia che l’adozione di terapie brevi consente di ottenere efficienza organizzativa e operativa dei Day hospital, con dimezzamento del tempo impiegato da infermieri e farmacisti, e risparmi economici che si concretizzano in costi sociali evitati pari a oltre 60 milioni di euro complessivi: 31,5 mln in oncoematologia e 30 in oncologia.
“Il cambiamento delle vie di somministrazione dei due anticorpi monoclonali non modifica i livelli di efficacia e sicurezza già molto elevati in questi farmaci – dichiara Americo Cicchetti, direttore di Altems e docente di Organizzazione aziendale, Facoltà di Economia, Università Cattolica di Roma – ma il passaggio dalla somministrazione endovena a quella sottocute rappresenta una vera e propria rivoluzione sotto il profilo organizzativo e riduce i costi dell’assistenza. Ma a beneficiare di più sono proprio i pazienti con un significativo miglioramento della loro qualità di vita”.
La somministrazione endovena, oltre a tempi sensibilmente più lunghi, richiede la presenza di un accompagnatore e comporta il rallentamento dei flussi lavorativi dello staff medico (inserimento di cateteri, rischio di reazioni avverse all’infusione) e in generale maggiori costi. La somministrazione sottocute nel carcinoma della mammella supera molte di queste problematiche, a beneficio sia del paziente e del suo accompagnatore. “Da oncologa e da donna, ritengo che poter offrire alle pazienti una soluzione di cura che permette loro di conciliare il momento della cura con l’attività lavorativa e la routine quotidiana sia un valore clinico e sociale cui possiamo e dobbiamo tendere tutti – osserva Alessandra Cassano della Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma – Senza dimenticare che la somministrazione sottocutanea di trastuzumab è maneggevole e di breve durata, e permette di ridurre i costi di somministrazione e di ottimizzare il tempo del personale dedicato”.
I costi economici e organizzativi legati alla somministrazione dei farmaci impattano in modo rilevante sulla gestione delle strutture ospedaliere dedicate al trattamento delle malattie oncologiche ed onco-ematologiche. “Quello che cambia in modo clamoroso è il tempo che impiegano gli operatori sanitari a preparare il farmaco prima e ad assistere il paziente poi – precisa Vito Antonio Delvino, direttore generale dell’Istituto tumori Giovanni Paolo II Irccs di Bari – Una somministrazione sottocutanea che dura 5 minuti si traduce in 5 ore in meno di lavoro per infermieri, medici e farmacisti per ciascun paziente, tempo che può essere dedicato all’ottimizzazione delle risorse. La breve permanenza in ospedale comporta minor impegno per il paziente e il suo accompagnatore. A questo si aggiunge la maggior compliance del paziente al trattamento”.
I risultati del Report Hta 2017 confermano la validità della formulazione sottocute per il linfoma non-Hodgkin, come alternativa alla formulazione endovenosa non solo in termini di migliore gestione dei tempi, ma anche di minori possibili complicanze legate alla somministrazione endovena. “I benefici della somministrazione sottocute di rituximab sono molteplici – commenta Stefan Hohaus, ematologo del Policinico Gemelli – Intanto minor tempo di permanenza in ospedale da parte del paziente e del suo accompagnatore, poi ridotto tempo di impegno per il personale sanitario, liberando risorse umane per altri compiti; quanto all’efficacia e sicurezza di rituximab per via sottocutanea, sono state dimostrate in molteplici studi e sono risultate equivalenti alla somministrazione endovena”.