I vaccini per decenni sono stati considerati, a ragione, una svolta decisiva nella storia dell’umanità, in grado di estirpare malattie che nei secoli hanno causato moltissimi morti. E’ grazie a loro se il tifo, il vaiolo, la poliomielite, la tubercolosi, sembravano sconfitte per sempre. Oggi purtroppo la situazione è molto diversa: sfumata la memoria di quelle terribili malattie, serpeggiano i pregiudizi e i falsi miti sui vaccini, complice la disinformazione del web.
E le “leggende nere” sui vaccini sono la base ideologia del mondo “no vax“, contro il quale ha puntato il dito ieri il commissario europeo alla Salute. Tutto inizia alla fine degli anni ’90 quando il positivismo scientifico applicato ai vaccini incontra il suo primo nemico. Un falso studio. La ricerca, curata dal gastroenterologo inglese Wakefield, sulla prestigiosa rivista Lancet, teorizza per primo un nesso tra il vaccino MPR (quello contro morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo nei bambini. Il medico sostiene che il vaccino è in grado di causare infiammazione intestinale, con conseguente aumento della permeabilità della barriera intestinale e passaggio in circolo di sostanze tossiche per l’encefalo, favorendo, quindi, lo sviluppo di autismo.
Oltretutto si iniziano a scoprire delle nuove verità: nel 2004, un’inchiesta giornalistica condotta da Brian Deer sul Sunday Times rivela interessi economici dietro lo studio di Wakefield. L’inchiesta evidenzia numerosi difetti epidemiologici, come mancanza di un gruppo di controllo, esami endoscopici e neuropsicologici non eseguiti in “cieco”, comparsa dei sintomi gastroenterici dopo e non prima lo sviluppo di autismo, in 7 dei 12 bambini presi in esame. Non solo, lo studio conteneva alterazioni e falsificazioni della storia anamnestica dei pazienti, allo scopo di supportare le conclusioni del suo studio. La conseguenza è immediata: gli altri co-autori dello studio di Wakefield firmano una dichiarazione con cui ritrattano le conclusioni del lavoro. Nel 2010 Lancet ha ritirato l’articolo in questione.
Sempre negli anni ’90 si diffonde una nuova convinzione: quella di una possibile associazione causale tra SIDS (la sindrome della “morte in culla”) e precedente vaccinazione. Ancora oggi, il principale vaccino contestato è quello esavalente, ampiamente impiegato in Italia per la vaccinazione dei nuovi nati contro difterite, tetano, pertosse, polio, epatite B e Haemophilus influenzae tipo b, così come in altri Paesi che hanno un calendario vaccinale simile al nostro. In realtà, i numerosi studi epidemiologici effettuati per appurare l’esistenza di una correlazione tra vaccinazione e SIDS hanno dimostrato che non vi e’ alcuna differenza nell’occorrenza del fenomeno tra bambini vaccinati e non.