Nel caso in cui Marte ospitasse forme di vita elementari, esse potrebbero sopravvivere anche fino a tre milioni di anni, a condizione di sfuggire ai raggi cosmici ibernate nel sottosuolo a due metri di profondità.
Lo rivela uno studio condotto da un gruppo di biologi russi coordinati dall’Università di stato Lomonosov di Mosca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Extremophiles. Il modello utilizzato è quello delle colonie del terreno perennemente ghiacciato dell’Artico, il permafrost: partendo da ciò è stato poi riprodotto in laboratorio, in una camera climatica, le proibitive condizioni marziane caratterizzate da bassa temperatura e pressione e una continua esposizione a radiazioni ionizzanti.
Oggi Marte è un luogo poco adatto alla vita a causa delle condizioni molto complesse, con un’atmosfera sottilissima e un suolo continuamente bombardato e sterilizzato da raggi cosmici e raggi gamma. La temperatura media oltretutto oscilla intorno ai meno 63 gradi e, nelle zone polari come nelle ore notturne, può scendere fino a meno 145 gradi.
Nonostante queste condizioni proibitive, lo studio dimostra che sotto la superficie Marte potrebbe nascondere sorprese, consentendo ai microrganismi di sopravvivere piu’ a lungo di quanto si pensasse. Una buona notizia per la missione ExoMars 2020, nella quale le agenzie spaziali di Europa (Esa) e Russia (Rososmos) prevedono di spedire su Marte un veicolo robotico con le ruote (rover): un laboratorio mobile per lo studio del sottosuolo controllato da Terra ed equipaggiato con un trapano italiano realizzato da Leonardo, destinato a perforare il terreno marziano fino a due metri di profondita’ a caccia di possibili tracce di vita microbica, presente o passata.
Nella missione l’Italia ha un ruolo di primo piano, con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’industria, con la Thales Alenia Space (Thales-Leonardo), e il mondo della ricerca, con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e diverse università.