Nuovi vulcani scoperti nel mar Tirreno, l’esperto: “non ci aspettavamo questo scenario, rischi per gli tsunami provocati dallo sgranamento dei fianchi di queste strutture”

vulcani sottomarini
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Ieri è stata annunciata la scoperta nel mar Tirreno, di nuovi vulcani sommersi che, insieme a quelli già noti, formano una catena di 15 vulcani sottomarini chiamata “Palinuro”. Questa catena è posizionata tra il più noto Marsili, le isole Eolie e la Calabria in un’area lunga 90 km e larga 20 che parte a sud della costa di Salerno e finisce a 30 km a est della costa di Sangineto. Gli studiosi l’hanno ribattezzata la catena del Palinuro e comprende in tutto 15 vulcani che rappresentano, nel loro insieme, una spaccatura della crosta terrestre dalla quale risalgono magmi provenienti dalle Isole Eolie, dal Tirreno centro-meridionale, e dall’area compresa tra la Puglia e la Calabria. Questi vulcani sono stati sicuramente attivi tra 300.000 e 800.000 anni fa, ma non si può escludere che siano stati attivi in tempi più recenti. Oggi sono caratterizzati da un’intensa attività idrotermale sottomarina in una zona di anomalia termica di circa 500°C sotto il fondo del mare. I dati fin qui raccolti mostrano che la dimensione dell’intera catena risulta maggiore non solo delle isole Eolie ma anche degli altri vulcani sottomarini del tirreno meridionale compreso il Marsili, considerato finora il vulcano più esteso d’Europa, il “gigante” sommerso che se dovesse risvegliarsi potrebbe scatenare uno tsunami che potrebbe coinvolgere persino Roma, Napoli e Palermo.

Oggi abbiamo approfondito la scoperta annunciata ieri, intervistando direttamente il coordinatore del gruppo di ricerca, dott. Guido Ventura, vulcanologo INGV e IAMC.  

Dopo la notizia della scoperta di questi nuovi vulcani, la popolazione si chiede che tipo di rischi possono esserci per la pubblica sicurezza. Si tratta di strutture pericolose per l’incolumità delle persone che risiedono intorno al bacino tirrenico?

La pericolosità legata alle eruzioni vulcaniche non c’è, perché si trovano a profondità variabili dagli 80 ai 1.000 metri sotto il livello del mare quindi anche in caso di eruzioni l’unica cosa che vedremmo è quella che chiamiamo ebollizione dell’acqua di mare che in realtà è solo la risalita di bolle di gas. C’è però una pericolosità legata invece alla instabilità dei fianchi di questi vulcani, perché come tutti i vulcani sottomarini possono diventare instabili e possono verificarsi delle frane sui fianchi. Queste frane possono in alcuni casi innescare degli tsunami. Nel record geologico dei vulcani che abbiamo studiato, comunque, queste evidenze di grosse frane sottomarine non ci sono“.

In cosa consiste l’attività idrotermale rilevata?

Sono essenzialmente fenomeni di degassamento prevalentemente di gas cauti, che non sappiamo bene ancora da quale profondità vengono, ma possiamo dire che sono dei gas magmatici, quindi significa che sotto questi edifici vulcanici ci sia tuttora del magma attivo“.

Si potrebbe parlare di ipotesi di sfruttamento energetico?

In linea di principio si, il problema però è tecnologico perché ci troviamo a profondità notevoli e non è facile impiantare delle centrali a mare a quelle profondità“.

Perché ieri dando la notizia avete parlato di “rivoluzione delle conoscenze geodinamiche del Tirreno”?

Perché non ci aspettavamo che nel Tirreno ci fosse una spaccatura della crosta di queste dimensioni, perché stiamo parlando di circa 90 km di lunghezza e 20 km di larghezza quindi una grossa spaccatura dalla quale risalgono dei magmi dal profondo e che vanno a formare nuova crosta“.

Qual è stato il ruolo dell’INGV in questo studio?

L’INGV è stato il coordinatore di questo studio insieme al consiglio nazionale delle ricerche, poi per studi più specifici ci siamo avvalsi anche dell’esperienza del GNS della nuova Zelanda“.

Che differenza c’è tra questi nuovi vulcani sommersi e il vicino Marsili?

Il Marsili è un vulcano attivo a tutti gli effetti, questa è una ricerca che abbiamo fatto 4 anni fa però volumetricamente rispetto a quello che abbiamo scoperto oggi con la catena del Palinuro, risulta più piccolo. Per questi vulcani la pericolosità è legata essenzialmente allo sgranamento dei fianchi del vulcano che potrebbero scatenare, nei casi più gravi, degli tsunami“.

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