Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Jia-Guo Zhao, del Dipartimento di chirurgia ortopedica all’ospedale cinese di Tientsin, pubblicato su “Jama”, calcio e vitamina D non ridurrebbero il rischio di fratture: dopo aver esaminato 33 studi che hanno preso in considerazione oltre 51 mila persone con più di 50 anni, il team di ricerca ha concluso che “gli anziani che assumono calcio e vitamina D hanno la stessa probabilità di subire fratture di quelli che non seguono alcun trattamento“.
“Non bisogna fermarsi al titolo“, spiega Andrea Giustina, presidente eletto della Società europea di endocrinologia e Full Endocrinology Professor dell’Istituto San Raffaele di Milano, secondo cui “vanno analizzati bene i dati per non rischiare di diffondere messaggi sbagliati“. “Innanzitutto alcune ricerche incluse nello studio non sono ‘di qualità’ e quindi alterano i risultati complessivi, oltre a differenze enormi tra dosi, tipo e frequenza di vitamina D utilizzata. Inoltre, in molti casi non è indicato che si tratti proprio di colecalciferolo, il composto ideale per le finalità di protezione dello scheletro. E infine è poco consistente l’uso del calcio in associazione alla vitamina D nei vari studi“. “Se le conclusioni della metanalisi non sono precise, possiamo invece fare tesoro del messaggio di fondo: la supplementazione dell’ormone vitamina D va prescritta quando nell’organismo ve ne sia una carenza effettiva e non come trattamento universale al di sopra di una certa età, quindi per stabilire che ve ne sia una necessità è prima opportuno dosarla prima del trattamento. Un trattamento prevede quindi una diagnosi corretta, non sulla base della convinzione che a quell’età tutti siano carenti, e la verifica dei valori raggiunti durante la somministrazione anche per personalizzare i dosaggi. Donne in menopausa e anziani con una diagnosi di osteoporosi dovrebbero ricevere un trattamento adeguato a base di farmaci come i bifosfonati e non solo la supplementazione di vitamina D“. “E’ necessario promuovere anche campagne di salute e prevenzione che si basino su una corretta alimentazione, una attività fisica regolare che permetta lo sviluppo di muscoli che a loro volta funzionano da stimolo per il rinnovamento dell’osso e soprattutto una quota di tempo all’aria aperta, con il 20% del corpo esposto alla luce del sole, possibilmente anche in inverno nelle ore più calde della giornata“.