Il 40% dei 7.6 miliardi di persone nel mondo vive in città costiere. Un team di biologi ha rilasciato dati su un periodo di 25 anni sulla salute delle coste dei Caraibi provenienti dal Caribbean Coastal Marine Productivity Program (CARICOMP). Lo studio fornisce nuove informazioni sull’influenza di fattori di stress locali e globali nel bacino, e anche la speranza che i cambiamenti osservati possano essere invertiti dalla gestione ambientale locale.
CARICOMP, il più grande e lungo programma per monitorare la salute degli ecosistemi costieri caraibici, ha svelato che la qualità dell’acqua è diminuita del 42% nelle stazioni di monitoraggio in tutto il bacino. Tuttavia, nei siti non sono stati rilevati aumenti notevoli della temperatura dell’acqua, attesi in caso di riscaldamento globale. I cambiamenti importanti rilevati nelle condizioni locali riguardano cali nella visibilità associati a una diminuzione della qualità dell’acqua e alla crescente presenza di persone, ma nessun cambiamento su scala globale, come il riscaldamento globale. Dal momento che le temperature sott’acqua sono molto variabili e per misurare cambiamenti significativi servirebbero dati su più decenni, i ricercatori non sono sicuri se questo significhi che non ci sono abbastanza dati per rilevare il riscaldamento globale.
Più di 25 anni fa, nel 1992, i ricercatori presso istituzioni di tutti i Caraibi hanno iniziato a fondare stazioni per raccogliere dati ambientali sulle mangrovie, sulle praterie e sulle barriere coralline dei siti costieri. Eseguivano misurazioni settimanali della temperatura dell’acqua, della salinità e della visibilità presso le stazioni, che sono state installate in modo da evitare la diretta interferenza delle città e di altri impatti umani diretti. Il team ha raccolto dati da 29 siti nelle Barbados e nelle Bermuda e in Belize, Bonarie, Colombia, Costa Rica, Florida, Jamaica, Messico, Panama, Porto Rico, Saba e Venezuela e li ha organizzati in un unico set di dati. Questo set includeva dati presi da periodi che partivano da tre anni (presso le stazioni aggiunte alla rete più recentemente) fino a 22 anni.
Nonostante i tentativi di localizzare i siti di monitoraggio in posti non influenzati dalle attività umane, le stazioni stanno raccogliendo segnali dell’influenza umana su tutto il bacino caraibico. Rachel Collin, che ha partecipato alle stazioni di monitoraggio marine, ha dichiarato: “Un indizio positivo è che le persone sono capaci di affrontare i cambiamenti locali controllando l’inquinamento e le acque reflue. Se le persone imparano a lavorare insieme molto presto, c’è ancora la speranza di invertire alcuni di questi cambiamenti”.