Finora la base molecolare della fibrosi polmonare è stata scarsamente compresa. Gli scienziati del Max Planck Institute for Heart and Lung Research di Bad Nauheim hanno ora mostrato che la ridotta attività del fattore di trascrizione FoxO3 gioca un ruolo chiave nello sviluppo della malattia. La fibrosi polmonare idiopatica attualmente è una malattia incurabile dei polmoni, in cui i pazienti perdono l’abilità di assorbire la giusta quantità di ossigeno. Sebbene la parola “idiopatica” significhi che la causa è sconosciuta, la malattia colpisce soprattutto ex fumatori e fumatori molto attivi a partire dai 50 anni.
Un importante ruolo nella fibrosi polmonare idiopatica è svolto dalle cellule del tessuto connettivo, chiamate fibroblasti. Queste cellule forniscono la struttura degli alveoli nei polmoni. Durante lo sviluppo della malattia, si osservano cambiamenti in questi fibroblasti; in particolare, quantità più alte di proteine contrattili, come quelle coinvolte nella funzione delle cellule muscolari. Queste cellule modificate, conosciute come miofibroblasti, sono responsabili dei cambiamenti della struttura del tessuto connettivo. Con il progredire della malattia, gli alveoli degenerano sempre di più, portando a danni ai vasi sanguigni nei polmoni e, quindi, a difficoltà respiratorie.
Per trovare questo fattore, i ricercatori del Max Planck hanno confrontato le cellule del tessuto connettivo di persone sane con quelle di persone affette da fibrosi polmonare: l’attività di FoxO3 era minore nei fibroblasti dei pazienti con fibrosi che nelle cellule delle persone sane. Questi risultati sono stati poi confermati dagli studi condotti su un modello roditore. I topi geneticamente modificati con una carenza di FoxO3 sviluppavano la malattia molto più velocemente degli animali sani.
Quindi, riattivare l’attività di FoxO3 nei pazienti con fibrosi polmonare potrebbe offrire un modo per trattare la malattia. Questo approccio ha avuto successo nei topi trattati con UCN-01 (una sostanza in grado di attivare FoxO3), riducendo i sintomi e migliorando la funzionalità polmonare. Ulteriori studi esamineranno questo collegamento più da vicino, nella speranza di arrivare, alla fine, ad avviare studi sui pazienti.