L’ultimo grande successo di Simone Arrigoni, romano campione di sport e di fotografia naturalistica, ha vinto nei giorni scorsi il il primo premio nel concorso internazionale di fotografia NTU IPA organizzato dalla Nanyang Technological University di Singapore e National Geographic. Il tema del concorso era “Art, Science and the Image” e Simone ha vinto con una fotografia prettamente scientifica (astrofisica).
Abbiamo raggiunto Simone per intervistarlo e farci raccontare le sue emozioni in merito.
Cosa provi ad aver vinto un premio così prestigioso?
In qualità di primo classificato, inoltre, sono stato invitato a Singapore per presenziare alla cerimonia di premiazione e d’inaugurazione della mostra (15 dicembre – 14 gennaio, SOTA School of the Arts, Singapore). Quest’ultima si apre proprio con la mia fotografia “STARt. Look beyond”, e nell’arco del biennio 2018 – 2019 farà tappa in altre sale espositive internazionali, prima fra tutte la galleria della Nanyang Technological University. È la realizzazione di un sogno ad occhi aperti che, senza dubbio, segnerà indelebilmente la mia carriera da fotografo“.
A chi vuoi dedicare questa vittoria straordinaria?
“A mio figlio Stefano! Proprio nei giorni scorsi ha compiuto 6 mesi, e con questa dedica gli auguro di attuare il messaggio scritto nel progetto fotografico: nella vita non fermarti mai davanti ad ostacoli e apparenze, ma tenta sempre di “guardare oltre“!
Che ambiente si respira lì a Singapore?
“Le prime parole che mi vengono in mente sono civiltà e progresso, in una commistione perfetta fra tecnologia, architettura d’avanguardia e natura tropicale. Quando si atterra a Singapore (dal clima molto caldo e umido) si viene accolti con grande cortesia e attenzione, non solo dalle persone, che sono sempre socievoli e disponibili, ma anche dalle futuristiche infrastrutture integrate con l’ambiente naturale e volte, in ogni più piccolo dettaglio, a rendere qualsiasi attività piacevole e sicura. La città, organizzata e pulita ogni oltre immaginazione, offre molti spunti di interesse: dalla famosa Orchard Road, la via dello shopping per eccellenza che con i suoi colori, musica e schermi giganti ricorda le vie di Manhattan, alle futuristiche architetture di Interlace e Gateway. Ma soprattutto è impossibile non innamorarsi del cuore pulsante di Singapore: Marina Bay. Dallo SkyPark observation deck del Marina Sands Hotel, la vista che si può godere dal 59° piano è mozzafiato: Gardens by the Bay, Art Science Museum, Concert Hall, ruota panoramica. Insomma l’occhio dell’osservatore può spaziare a 360 gradi su una baia che nelle ore del tramonto viene “illuminata” da uno spettacolo di luci laser, musiche e giochi d’acqua unico al mondo. Sembra davvero di vivere in un’ambientazione fantascientifica, che in alcune zone richiama inevitabilmente alla mente l’immaginario legato al film Avatar“.
Spiegaci qualcosa sulla tua fotografia: com’è nata l’idea di questo scatto? E cosa vuole testimoniare?
In un secondo momento, ispirato dalle più recenti teorie scientifiche sul cosmo, ho invertito in negativo lo scatto, come se volessi cercare di svelare la Materia Oscura attraverso il mio obiettivo, così il cielo notturno è divenuto bianco e le stelle colorate. Amo la tonalità di colore rosso dell’immagine perché ricorda il sangue, un colore che trovo appropriato per il cuore della Via Lattea!
Da qui deriva il titolo del progetto, “STARt”, che è composto da due parole, Star più Art.
Con questo scatto vorrei convogliare due messaggi:
– la materia oscura suggerisce che, anche se non siamo in grado di osservarla, probabilmente esiste ed è ampiamente presente nell’universo. Quindi nella ricerca scientifica, come anche nella vita quotidiana, non dobbiamo mai fermarci dinanzi alle apparenze, ma bisogna sempre cercare di guardare oltre.
– A mio parere siamo circondati da arte pura. La natura, infatti, è così bella e straordinaria che possiamo (o forse dovremmo) considerarla Arte!“
La tua passione per la scienza non è certo una novità: hai una storia straordinaria in tal senso. Da dove nasce e come continui a coltivarla?
L’amore per la scienza sta alla base anche di un altro progetto fotografico che ho lanciato insieme a “STARt”, si chiama InvEarth, un gioco di parole composto da “invertire” e “Terra”, perché in ogni serie scelgo un determinato soggetto naturale e lo ritraggo in bianco e nero, invertendolo in negativo. In questo modo si crea un effetto particolare, per cui, ad esempio, nella prima serie proposta che ha come soggetto i fulmini, questi ultimi appaiono neri. Sono felice che l’idea abbia già riscosso importanti successi, infatti “High voltage” è stata esposta in Cina all’International Art Photography Festival di Lishui, a gennaio andrà in mostra al Palazzo del Parlamento Europeo di Bruxelles, ed è in vendita come edizione speciale in un cofanetto da collezione edito da EdiFore – Image in Progress.
Anche in ambito sportivo ho il piacere di poter in qualche modo coltivare la mia passione per la scienza: sono particolarmente orgoglioso, infatti, di fornire da molti anni i miei dati fisiologici ad un progetto di ricerca diretto dalla Sapienza Università di Roma per indagare sul mio DNA e cercare adattamenti all’apnea. Si tratta di un progetto sperimentale di rilevanza internazionale, che di recente ha dato i primi importanti risultati e sta proseguendo con l’intento di approfondirli.
L’idea di lanciare la faticosissima disciplina dell’apnea dinamica “Dolphin’s breath” l’ho avuta proprio con l’intento di rendere i miei allenamenti il più simile possibile al nuoto dei delfini, visto che queste ricerche paragonano la fisiologia umana con quella dei cetacei“.
Come riesci a coniugare le tue passioni per scienza, natura e sport?
“È molto semplice: perché ogni mia passione subisce la diretta contaminazione delle altre. Non potrei mai immaginare di fare sport senza analizzarne gli aspetti scientifici, così come prediligo pianificare le mie sfide sportive in ambienti naturali piuttosto che in impianti sportivi artificiali (ricordo, fra tutti, i due record di apnea sotto i ghiacci): in questi ambienti le prestazioni sono atleticamente molto più difficili da raggiungere, ma anche per questo ancora più stimolanti dal punto di vista sportivo ed emotivo”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
“Dopo l’immensa soddisfazione che ancora oggi ricavo dall’aver pubblicato la mia autobiografia “Sette respiri. In apnea tra musica, record e delfini” in italiano e in inglese, vorrei pubblicare anche un libro fotografico dedicato ai progetti “STARt” e “InvEarth”.
L’altro progetto a cui mi sto dedicando in questo periodo lo devo ad un mio bravissimo allievo di pianoforte, Federico Signoretti, che sta preparando con passione il suo primo recital da solista: per me avere la possibilità di coltivare il suo sogno da concertista classico e il suo speciale talento ha un significato particolare, visto ciò che rappresenta per me la musica, ma questa è un’altra storia…“