Un tempo, quando in ogni casa c’era un camino, a Natale si svolgeva il suggestivo rituale del ceppo natalizio o ciocco natalizio. Più che al Natale, i riti, gli usi e anche le superstizioni legati a questo pezzo di legno fanno pensare che le sue ascendenze siano molto lontane, forse risalenti al Paganesimo e anche al di là di quello; intendendolo come un fuoco sacro, legato alle credenze e ai riti del solstizio d’inverno, in collegamento diretto col sole, nel segno della luce e del fuoco, con le forze tellurich,e nel segno della natura stessa della pianta, e con il mondo dei morti, nel segno della cenere e delle credenze pagane delle anime abitatrici delle piante e delle realtà naturali. In Italia, a Milano, ad esempio, il capofamiglia prendeva fra le braccia il ciocco come fosse un bambino e lo poneva nel camino accendendolo con una fascina diginepro benedetto. Poi versava del vino in un bicchiere, ne rovesciava un po’ sulle fiamme, beveva un sorso del rimanente e lo passava a tutti i membri della famiglia; a quel punto gettava una moneta sul ceppo ardente e ne donava un’altra a tutti i familiari. Infine da tre grandi pani, antenati del panettone, tagliava una fettina che veniva messa accuratamente da parte per essere data come “medicina” a chi, durante l’anno, si ammalava.
A Cervia il ceppo, prima d’esser bruciato, veniva spruzzato di acqua benedetta e lo si lasciava ardere per tutta la Notte Santa. La mattina dopo il capofamiglia raccoglieva la cenere e la spargeva attorno alle piante per renderle più fertili, mentre nel Fabrianese la cenere era sparsa solo sulle viti per preservarle daibruchi (detti “rughe”); obbligatorio però recitare, durante l’operazione: “Vite, vite, n’t’arrugà/ ché la cennora te reco / dello ciocco de Natà”. Se in Val di Chiana (Arezzo), ogni famiglia si radunava davanti al ceppo bruciante, tenendosi per mano e cantando in vernacolo lo scongiuro: “Sia felice il ceppo/ domani è il giorno del pane/ ogni grazia entri in questa casa/ le donne, le capre, le pecore figlieranno/ abbonderanno grano e farina e vino”; a Teramo si bendavano i bimbi e, conducendoli davanti al “tecchio” ardente, gli si faceva picchiar su con le molle, esprimendo desideri. A mezzanotte, poi, sul ceppo venivano gettati, uno alla volta, 12 chicchi di grano, simboleggianti i mesi dell’anno; se il chicco bruciava volando all’insù, il prezzo del frumento sarebbe salito; se andava all’ingiù, sarebbe rimasto invariato In Romagna invece, prima di recarsi alla Messa di Mezzanotte, si ponevano di fronte al camino ove ardeva “el zòc ed Nadèl” tre sedie vuote e si lasciava la tavola apparecchiata con i resti del cenone: questo perché, in assenza degli abitanti, in casa sarebbe arrivata la Sacra Famiglia e avrebbe così potuto riscaldarsi e ristorarsi.
In Val d’Aosta i carboni lasciati dal ciocco venivano messi in un sacchetto di lino e usati per guarire malattie della pelle di umani e animali col semplice sfregamento in loco. In Liguria la cenere del “çéppu” (possibilmente d’alloro, pianta magica nemica delle tempeste) era sparsa il 6 gennaio negli angoli della casa e sui davanzali per allontanare “béghe, ratélle, mugugni e tròn”, ossia grane, litigi, proteste e tuoni. E nelle restanti parti del mondo? In Dalmazia il ceppo veniva addobbato con fiori e foglie ed era usanza lanciare del grano o del vino al ceppo, durante il suo trasporto da parte del capofamiglia, mentre il resto della famiglia reggeva delle candele accese. Il capofamiglia era solito recitare la preghiera “Benedetta sia la tua nascita!” . In Francia tutta la famiglia era impegnata nella ricerca del ceppo; si usava metterlo sotto il letto come protezione dai fulmini oppure lo si mischiava al foraggio per favorire la fertilità delle mucche; si credeva, inoltre, che i resti del ceppo prevenissero le malattie dei vitelli e la ruggine del grano. In Provenza, mentre il capofamiglia andava alla ricerca del ceppo, il resto della famiglia intonava preghiere che dovevano favorire il parto di bambini, di agnelli e di capretti, la crescita del granturco, ecc. In Catalogna è diffusa la tradizione del Tió de Nadal, un tronco intagliato dove i bambini bendati obbligano il ceppo a defecare i regali al suono delle canzoni tradizionali e delle mazzate; in Galizia troviamo il Tizón de Nadal; negli Stati Uniti, antecedentemente alla guerra civile americana, si usava concedere una pausa agli schiavi per tutto il periodo in cui ardeva il ceppo di Natale.
Una particolare usanza era diffusa. a partire dal 1933, a Palmer Lake, in Colorado: si trattava della cosiddetta “caccia al ceppo”, durante la quale persone, vestite con mantelli e cappucci rossi o verdi, cercavano il tronco migliore che, in seguito, veniva trascinato per le vie cittadine. Nel Périgord, si usava costruire l’aratro con i resti non bruciati del ceppo, credendo che così i semi sarebbero stati più fruttuosi, mentre in Germania si usava far bruciacchiare il ceppo lentamente per poi toglierlo e gettarlo di nuovo sul fuoco come protezione dai fulmini. In Grecia si credeva che il ceppo natalizio allontanasse dalla propria casa i kallikantzaroi, i mostri maligni del folklore locale; nel Montenegro, si usava mettere sul ceppo un pezzo di pane e aspergere il tronco con del vino; in Portogallo, i resti del ceppo si conservavano in quanto si credeva che prevenissero dai danni solitamente provocati dalle tempeste. In Serbia si usava tagliare il ceppo la mattina della Vigilia di Natale, prima del sorgere del sole, e riportarlo a casa, addobbato con dei nastrini, prima del tramonto. Era poi il maschio più anziano della casa ad accenderlo, recitando una preghiera.