Dalla nebbia una possibile fonte d’acqua pura 

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Il 2017 è stato uno degli anni più secchi della storia. Complice il riscaldamento globale, che si manifesta anche attraverso l’estremizzazione dei fenomeni atmosferici, il problema acqua è sempre più rilevante. Uno studio molto interessante, vede nella nebbia una possibile fonde di acqua pura. La ricerca è opera del gruppo di lavoro dell’universita’ cilena Adolfo Ibanez, di Vina del Mar.

L’acqua di nebbia, ‘distillata’ goccia a goccia dall’aria, viene ricavata dall’umidità ‘catturata’ attraverso le maglie di una rete che si ispira a una pianta del deserto cileno di Atacama.  Molteplici i possibili utilizzi: c’è chi vuole usarla per una linea di cosmetici, chi per fabbricare birra e chi come fonte d’acqua per le comunità che vivono nelle aree più aride del pianeta.

“E’ dagli anni ’60 che si e’ capito il potenziale della nebbia come possibile fonte d’acqua“, precisa Juan de Rios, dell’Universita’ Cattolica di Santiago. In Cile ci sono stati diversi progetti nei quali sono state installate le maglie di tipo tradizionale in varie aree, soprattutto a Nord, dove c’e’ meno acqua. “Tutti pero’ – prosegue – sono finiti dopo poco tempo perche’ fatti in comunita’ povere, che non hanno fatto manutenzione. Inoltre sono mancate le imprese disposte a investire. Percio’ allo stato attuale l’acqua di nebbia e’ piuttosto cara da produrre perche’ servono grandi superfici per catturare pochi litri d’acqua, che pero’ una volta raccolta e’ gia’ buona da bere, senza bisogno di trattamenti”, prosegue.

Per cercare di migliorarne la resa delle maglie e renderle piu’ appetibili per il mercato, i ricercatori guidati da Jacques Dumais hanno studiato una pianta che cresce nel deserto di Atacama, la Tillandia landebeckii. “E’ una pianta senza radici, che riesce a crescere dove nemmeno ci sono i cactus e la cui fonte d’acqua e’ appunto la nebbia“, sottolinea Dumais.

Studiandola, i ricercatori hanno capito quali sono le caratteristiche che le consentono di catturare l’acqua in modo efficiente: ha rami molto fini, e’ tridimensionale, assorbe e immagazzina l’acqua senza perderla, grazie ad una sorta di pellicola che la avvolge. “Con il nostro prototipo di 1 metro quadrato – osserva – siamo riusciti a migliorarne il rendimento, raccogliendo in 2 settimane 85 litri, contro i 20 che si raccolgono con le maglie in uso”. Il prossimo passo sara’ trovare imprese che vogliano investire studi su scala maggiore.

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