L’epatite C è una malattia infettiva del fegato causata dal virus HCV (o virus dell’epatite C). La trasmissione avviene attraverso i liquidi biologi, come il sangue e i suoi derivati infetti. Fino agli anni 90 le trasfusioni di sangue e di emoderivati hanno rappresentato il 90% di fattore di rischio di trasmissione. L’introduzione del controllo sulle donazioni di sangue e di uno screening preventivo attraverso la ricerca degli anticorpi anti-Hcv ha però notevolmente ridotto il rischio di infezioni. Meno frequente, invece, è la trasmissione per via sessuale e più rara è la trasmissione da madre a figlio. Tra i soggetti più a rischio: chi pratica sesso non protetto con più partner; i tossicodipendenti, le persone affette da Hiv, i destinatari delle trasfusioni, i pazienti in emodialisi, i familiari e le persone in contatto con soggetti infetti, i bambini nati da madri positive all’Hcv, persone esposte al sangue e/o all’utilizzo di aghi e siringhe se non perfettamente sterilizzati, chi pratica e fa piercing, manicure, pedicure, i pazienti in emodialisi.
Spesso l’epatite C rimane asintomatica a lungo. Quando, invece, compaiono i sintomi, questi sono piuttosto vaghi e in massima parte limitati all’insorgere di nausee, inappetenza, sensazione di affaticamento generalizzato, intolleranza agli alcolici ed a cibi grassi, e, infine, a dolori di lieve intensità nella zona epatica, che si accentuano un po’ se si palpa la zona. Quando si giunge a stadi avanzati, invece, le alterazioni al fegato fanno insorgere una sintomatologia importante, per esempio l’ittero (gli occhi e la pelle si colorano di giallo), la comparsa di pruriti in diverse aree, nausee, vomito, febbri leggere e dolori addominali. In base allo loro specificità, gli esami del sangue contribuiscono a stabilire se si è contratto il virus HCV, a misurare la carica virale e a valutare la composizione genetica del virus in modo tale da scegliere il trattamento più idoneo a contrastarlo. Oltre agli esami del sangue, il medico può fare ricorso, a seconda dei casi, alla biopsia epatica, ovvero la rimozione di un piccolo campione di tessuto epatico da analizzare in laboratorio, che aiuterà a determinare la gravità della malattia e il miglior trattamento da seguire.