Se a Lodi i Giorni della Merla, ritenuti dalla tradizione i più freddi dell’anno, sono sinonimo di polenta con i ciccioli, ottenuti dalla lavorazione del grasso del maiale, con l’aggiunta di alloro, pepe, chiodi di garofano e altre spezie, soffriti nello strutto e poi versati nella polenta; a Santo Stefano Lodigiano e nei paesi della sponda cremasca dell’Adda si cucina polenta e baccalà, fritto o in umido. In Piemonte e in Lombardia (Brianza, Varesotto e fascia pedemontana) è tempo di risotto con la luganega con o senza zafferano, preparato con riso Arborio, cipolla, vino bianco, burro, brodo vegetale, grana e salsiccia lombarda, la luganega appunto.In Lombardia si gusta la cassoeula, fatta con verza e carne di maiale cotte molto a lungo in casseruola; in Piemonte la bagna cauda, per non parlare, poi, di un dolce friabilissimo: la sbrisolona mantovana, risalente all’epoca dei Gonzaga.
Nel Modenese le massaie, costrette a rimanere chiuse in casa per il freddo, preparavano polenta con sugo denso e profumato a base di uccelletti in umido. Ed ancora: in Liguria nei giorni della Merla si preparano ceci in zimino (soffritto di aglio, cipolla, sedano, carote e porcini secchi, con l’aggiunta di bietole e ceci fatti in precedenza bollire); nelle Marche polenta, pane e coste di maiale cotte sul fuoco, tanto che un proverbio recita: “Se i Giorni della Merla vuoi passare, pane, polenta, maiale e fuoco a volontà”. In Toscana si consumano fagioli al fiasco o all’uccelletto; in Umbria il torcolo di San Costanzo.