Un malato di cancro su 3 è un lavoratore. In Italia infatti 3milioni e 300mila persone vivono dopo la diagnosi e il 30%, circa un milione di cittadini, è in età lavorativa. E sono ben 4 milioni i caregiver, cioè coloro che si occupano del sostegno dei malati (in particolare familiari). Per questo “esercito” di persone, Aimac (Associazione Italiana Malati di Cancro) ha condotto in 20 anni vere e proprie battaglie di civiltà per il riconoscimento di diritti fondamentali sul posto di lavoro. Conquiste ricordate oggi nel ventennale dell’Associazione celebrato in un convegno al Senato. Nel 2003, su impulso di Aimac, è stato inserito nella “Legge Biagi” un articolo (art. 46 del D.lgs. n. 276/2003) che ha modificato la disciplina sul part-time, introducendo per la prima volta nel nostro Paese il diritto per i malati di cancro alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time e viceversa. Nel 2006 è stato approvato un altro provvedimento di portata innovativa (Legge n.80 del 2006 con emendamento Aimac/FAVO) che ha abbattuto i tempi di attesa per l’ottenimento dell’accertamento dell’invalidità civile e dell’handicap, riducendoli a soli 15 giorni. Un altro decisivo passo in avanti nel 2009, con l’esclusione dalle fasce di reperibilità per i dipendenti pubblici in malattia con terapie salvavita per tumore (Circ. 1/2009 del Ministero per la Pubblica Amministrazione e DM 206/2009), previsione estesa nel 2016 anche ai dipendenti del settore privato. “Aimac, per prima, anni fa ha lanciato l’allarme sulla insorgenza di una nuova disabilità di massa – spiega il prof. Francesco De Lorenzo, Presidente Aimac -. È importante sottolineare che questa nuova disabilità non comporta affatto un ulteriore assistenzialismo di massa. Al contrario, la rivoluzione culturale guidata da Aimac ha interpretato il bisogno dei malati di cancro di continuare a essere attivi e a lavorare, nell’interesse del singolo e della società. Per questo, la nostra Associazione ha affrontato le problematiche legate alla nuova disabilità di massa con lo spirito di una battaglia di civiltà, rimuovendo gli ostacoli principali che impedivano alle persone colpite e guarite dal cancro di assumere la consapevolezza di poter lavorare, relazionarsi con gli altri e ritornare a un’esistenza degna d’essere vissuta, pur in una condizione di rinnovata normalità”. “Unanime è il riconoscimento della ‘terapia informativa’ che ha caratterizzato Aimac – sottolinea Maurizio Sacconi, Presidente della 11ª Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale) del Senato -. Io stesso sono stato testimone delle proposte e delle sollecitazioni che Aimac ha rivolto ai decisori istituzionali affinché fosse garantita al malato oncologico una vita attiva, con particolare riferimento alla conservazione del rapporto di lavoro. Aimac ha saputo educare il malato ai propri diritti e i datori di lavoro ai propri doveri così come ha acceso un faro sui caregiver per i quali abbiamo raggiunto un primo, ancorché modesto, risultato nell’ambito dell’ultima legge di bilancio”.
Nel 2017 in Italia sono stati stimati 369mila nuovi casi di tumore. La ricerca scientifica ha modificato il decorso della malattia fino a raggiungere traguardi, prima insperati, di completa guarigione o di cronicizzazione per molti anni. La vita dopo il cancro è sempre più spesso realtà possibile e non più speranza virtuale. Di conseguenza, anche i bisogni extra-sanitari dei malati e delle loro famiglie sono cambiati e richiedono risposte forti e concrete sul piano sociale, economico e, soprattutto, lavorativo. Un’indagine condotta dalla FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e dal Censis ha infatti evidenziato che circa l’80% dei pazienti ha subito cambiamenti che vanno dalla perdita del lavoro alla riduzione del reddito. “La perdita del posto di lavoro è un evento drammatico e traumatico che peggiora la qualità della vita e aggrava la condizione psicologica del paziente, ma gli effetti negativi si estendono anche al tessuto sociale e alla collettività che deve farsi carico di un ‘peso’ assistenziale e previdenziale – afferma Elisabetta Iannelli, Vicepresidente Aimac -. L’allontanamento dal lavoro di un malato oncologico comporta perdita di professionalità, esperienza e produttività, che nuoce pesantemente al datore di lavoro e all’intera società. Il lavoratore che si ammala, invece, può e deve essere sostenuto durante la fase acuta di malattia, quando le terapie sono più invalidanti, ed essere utilmente reinserito nel posto di lavoro con adeguati e tempestivi programmi di riabilitazione, formazione e aggiornamento. Grazie al nostro impegno abbiamo ottenuto importanti risultati. Affinché le leggi non rimangano inattuate, è però necessario che siano innanzitutto i malati a conoscere i diritti riconosciuti e garantiti a livello nazionale e locale. Per questo Aimac ha pubblicato nel 2003 il libretto ‘I diritti del malato di cancro’, con cui per la prima volta nel nostro Paese si è posta attenzione alle ricadute sociali e lavorative della malattia oncologica colmando il gap informativo esistente”. Fin dalla sua prima edizione, il libretto è diventato un punto di riferimento non solo per i malati, ma anche per tutti coloro che, a vario titolo, se ne prendono cura. Nel tempo, il testo è stato arricchito, integrato e aggiornato ogni anno fino ad arrivare, nel 2016, alla dodicesima edizione, grazie alla collaborazione con Istituzioni pubbliche e private.
“Insieme a Aimac, abbiamo pubblicato e aggiornato costantemente gli opuscoli divulgativi sui diritti previdenziali ed assistenziali e sulla tutela sul posto di lavoro del malato oncologico – continua Massimo Piccioni, Coordinatore Medico legale dell’INPS -. Ricordo anche la stesura e il rilascio informatico del certificato oncologico introduttivo per le domande di invalidità civile in collaborazione con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (settembre 2013), che ha fatto seguito alla precedente elaborazione di linee guida valutative condivise e aggiornate, a fronte di tabelle ministeriali, risalenti al 1992, ormai anacronistiche e vetuste. Di cose da fare ce ne sono davvero ancora tante. Basti pensare alle vecchie tabelle di invalidità civile, in materia di riabilitazione e reinserimento lavorativo e alla necessità di avere un monitoraggio costante dei dati epidemiologici. Ma soprattutto mi pare che ciò che resta da fare sia riproporre, in termini nuovi e per i malati oncologici, quanto il Legislatore fece nel 1917 per quello che allora si proponeva drammaticamente come il male del secolo: la TBC. Intendo dire che si potrebbe immaginare oggi un percorso di riforma analogo che possa portare ad una legge quadro per la tutela di tutti pazienti affetti da patologie oncologiche (dai minori agli anziani) contribuendo a rendere omogenea la tutela sociale, così come le cure, su tutto il territorio nazionale”.
“È ancora molta la strada da percorrere affinché i progressi giuridici, al pari di quelli scientifici, arrechino altre opportunità ai malati di cancro – conclude il prof. De Lorenzo -. Per questo, Aimac, insieme alle altre associazioni di volontariato oncologico, continuerà a impegnarsi per la diffusione della conoscenza dei nuovi diritti e a monitorare l’avanzamento dell’applicazione normativa con passione, professionalità e costanza”.