Nata a Siena, oggi assegnista di ricerca presso INAF Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali di Roma, Valentina Galluzzi prende il dottorato all’Università Federico II di Napoli con una tesi in Geologia Planetaria. Tra i suoi successi più evidenti la premiazione da parte del Gruppo Italiano di Geologia Strutturale. Specializzata nello studio di Mercurio, sta attualmente supervisionando un progetto di cartografia geologica globale del pianeta, finalizzato alla selezione di target scientifici per la camera SIMBIO-SYS a bordo della futura missione ESA/JAXA BepiColombo, ovvero la missione per l’esplorazione di Mercurio il cui lancio previsto per ottobre 2018.
“Quando mi sono laureata in Scienze della terra non ero nemmeno a conoscenza dell’esistenza della geologia planetaria – ci racconta Valentina – e oggi sto collaborando con la missione BepiColombo. Mercurio, in realtà, era già nel mio destino: grazie a Messenger, l’ultima missione della Nasa volta alla scoperta del pianeta più vicino al sole, ha fatto la tesi di dottorato per studiarne la superficie. E poi, un piccolo aneddoto, il mio dottorato è terminato proprio nel giorno in cui la missione si è schiantata! Ora per la missione BepiColombo mi occupo di studiare scientificamente la superficie di Mercurio per poi contribuire a scegliere i target scientifici“.
Una carriera promettente, dunque, quella di Valentina, che però non nasconde le difficoltà incontrate durante il suo percorso e che in parte rappresentano ancora uno scoglio difficile da superare. “In quanto ricercatrice il problema più grosso e quello della precarietà, che è un limite per tutti ma a maggior ragione per una donna. Andare in maternità ad esempio, soprattutto all’inizio, è impensabile perché non sono previsti indennizzi o altri pagamenti nel periodo di maternità. Io ho 35 anni e il mio compagno ha un contratto simile al mio, le difficoltà dunque sono ovvie e concrete. Fortunatamente – prosegue la scienziata – non ho mai riscontrato discriminazioni nell’essere donna, e anzi in realtà intorno a me le colleghe sono davvero tante. Nel mio piccolo gruppo su cinque persone tre siamo donne. Inizia però ad aumentare il numero degli uomini e a diminuire quelle donne quando si guarda ai livelli alti“. Più si va avanti con gli avanzamenti di carriera, dunque, meno donne si trovano. E non solo nel mondo scientifico.
In merito al fatto di lavorare all’estero piuttosto che in Italia, poi, la ricercatrice ha le idee molto chiare: “ho passato tre mesi all’estero durante il dottorato e credo che sia un passaggio fondamentale se si vuole fare questo lavoro, ma quando si riesce ad arrivare a un certo livello di studio, di lavoro e in generale di professionalità, penso che sarebbe meglio rimanere nel proprio paese, perché si porta prestigio alla propria patria. Per quanto riguarda la missione BepiColombo, ad esempio, su undici strumenti della sonda quattro sono a leadership italiana. Certo, capisco e non si può negare che spesso andare all’estero sia una scelta quasi obbligata” e i motivi sono ovvi, basti pensare che gli assegni di ricerca dopo sei anni non sono rinnovabili.
Le difficoltà, dunque, non sono poche, e alla domanda “Consiglieresti a qualcuno di fare il tuo stesso percorso“, Valentina fornisce una risposta molto pratica e chiara: “Se si tratta di un bambino curioso la tendenza è quella di stimolarlo e spronarlo a conoscere il mondo della scienza, ma un laurendo che pensa ad un dottorato tendo a metterlo in guardia, perché siamo a un livello critico di precarietà. Si crea una sorta di piramide della carriera: più vai avanti e più aumentato le probabilità di dover andare all’estero. Prima era troppo entusiasta del mondo della ricerca, e ho fatto in modo che gli altri credessero in me, ma arrivato ad un certo punto ti scontri con la realtà. Vorresti alimentare l’entusiasmo, ma allo stesso tempo vorresti anche frenarlo per non restare delusa“.
Per quanto riguarda la missione BepiColombo la ricercatrice è orgogliosa del proprio ruolo e ne parla con la passione di chi, a prescindere dalle difficoltà, ha la fortuna di svolgere il lavoro che ama e per il quale è nata. “Il mio lavoro – spiega Valentina – contribuirà a selezionare target e dunque a rispondere a domande scientifiche. Io insieme al mio gruppo produciamo carte geologiche di Mercurio, che sono molto differenti da quelle terrestri: acquisiamo tutto a distanza quindi è la morfologia a guidarci. Produrre carta geologica di Mercurio serve a noi per arrivare a delle domande scientifiche (ad esempio in merito all’evoluzione tettonica del pianeta) e poi di conseguenza a scegliere i target della missione. Il nucleo di Mercurio è molto grande e si è andato via via restringendo, quindi anche il pianeta si restringe creando delle ‘grinze’. Si tratta di vere e proprie faglie, come quelle che abbiamo sulla Terra, che a loro volta creano scarpate importanti. Io mi occupo proprio dello studio di queste ultime per capirne l’evoluzione tettonica. Quando studiavo geologia – spiega con orgoglio la ricercatrice – ero una semplice appassionata di astronomia, mi piaceva osservare la Luna al telescopio. Un giorno vidi quella che per me era una riga nera sul cratere della Luna, e quando mi dissero che si trattava di una faglia mi si aprì un mondo. Quella passione dalla quale ho iniziato mi accompagna ancora oggi, perché senza non potrei andare avanti in questo lavoro”.