Considerata tra le feste patronali più belle al mondo, paragonata alla Settimana Santa di Siviglia e al Corpus Domini di Cuzco, in Perù, la Festa di Sant’Agata si svolge a Catania dal 3 al 5 febbraio. Parliamo della più importante festa religiosa catanese. La prima data, dal 3 al 5, è quella in cui viene ricordato il martirio della Santa, mentre il 17 agosto corrisponde al ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portante a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace, dove rimasero per 86 anni. La festa di Sant’Agata risulta bene etno-antropologico, patrimonio dell’Umanità della città di Catania nel mondo. Dal 3 al 5 giungono in città oltre un milione di persone tra devoti dela Santa, turisti e curiosi provenienti da tutto il mondo. Parliamo dunque di una festa grande, un mix di fede e folklore. Secondo alcuni avrebbe origini pagane in quanto, ancora prima della nascita di Agata, veniva celebrata una festa durante la quale un simulacro di Vergine veniva portato in processione per le vie cittadine.
Un’altra tradizione, riportata da Apuleio ne “Le metamorfosi”, invece, dice che la festa della dea Iside, nella città greca di Corinto, avrebbe molti punti di contatto con la festa catanese. Il 3 febbraio è il giorno dell’offerta delle candele che, secondo un’usanza popolare, devono essere alte e pesanti quanto la persona che chiede la protezione alla Santa. Alla processione per la raccolta della cera, nel breve giro dalla Fornace alla Cattedrale, prendono parte le maggiori autorità religiose, civili e militari. In corteo vengono portate 2 carrozze settecentesche, un tempo appartenenenti al Senato che governava la città, e 11 candelore, enormi ceri, decorati artisticamente, ognuno dedicato e grstito da una diversa Corporazione. Ogni candelora è caratterizzata da decorazioni che richiamano diversi stili architettonici, dal barocco al Liberty, mantiene un suo andamento e un suo ritmo ed è accompagnata da musiche differenti. In serata, in piazza Duomo, ha luogo un meraviglioso spettacolo pirotecnico. Il 4 febbraio è il giorno più emozionante, quello del primo incontro di Catania con la Santa patrona. Sin dalle prime ore dell’alba, le strade cittadine si popolano di cittadini, devoti che indossano il tradizionale sacco (camice votivo di tela bianca, lungo fino alla caviglia e stretto in vita con un cordoncino), un berretto di velluto nero, guanti bianchi, un fazzolettino bianco, sventolante tra le mani, stirato a fitte pieghe.
Per aprire il cancello di ferro che protegge le reliquie della Santa in Cattedrale sono necessarie tre chiavi, custodite, rispettivamente, dal tesoriere, dal cerimoniere e dal priore del capitolo della Cattedrale. Quando la terza chiave toglie l’ultima mandata al cancello della Cameretta in cui è custodito il Busto, questo viene issato sul fercolo d’argento rinascimentale e, prima di lasciare la Cattedrale per la tradizionale processione lungo le vie cittadine, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la Messa dell’Aurora. La processione del 4 dura tutta la giornata percorrendo il Duomo e i luoghi del martirio, con sosta alla Marina (da cui i Catanesi videro partire, addolorati, le reliquie della Santa per Costantinopoli) e una sosta alla colonna della peste (in ricordo del miracolo compiuto dalla Santa nel 1743 quando la città fu risparmiata dall’epidemia). Sul fercolo del 5 febbraio, i garofani rossi del giorno precedente, simbolo del martirio, vengono sostituiti da quelli bianchi, simbolo di purezza.
In tarda mattinata nella Cattedrale viene celebrato il solenne pontificiale, mentre nel tardo pomeriggio ha inizio la seconda parte della processione per le vie del centro cittadino, attraversando anche il Borgo. Il momento più atteso è quello della via San Giuliano, molto ripida, che non è priva di pericoli a causa del peso della vara, dell’inclinazione della strada e della massa di folla presente. All’alba del 6, il fercolo con le relique giunge in via Crociferi. È questo il momento in cui la Santa saluta la città prima della conclusione dei festeggiamenti. Per tutta la notte migliaia di cittafini, in camice bianco, sfidano il freddo al grido “Viva Sant’Agata” e in quell’atmosfera silenziosa si eleva il canto angelico delle monache di clausura. Dopo spettacolari fuoci d’artificio a notte fonte, il reliquiario e lo scrigno vengono riconsegnati alla Cameretta, in Cattedrale.