Occhi ancora puntati verso gli Usa, che adesso stanno tirando fuori l’artiglieria pesante. Il Pentagono, come ha spiegano ieri sera il Washington Post, ha infatti delineato e diffuso la nuova strategia dell’amministrazione degli Stati Uniti sulle armi nucleari, e sul suo arsenale in particolare, in cui prevede l’introduzione di nuovi dispositivi e sottolinea un focus su Russia e Cina.
Dopo la politica ambientale e sanitaria, ancora una volta l’amministrazione Trump di differenzia e si discosta dall’era Obama, incentrata sul contenimento dell’arsenale Usa e del ruolo stesso delle armi nucleari nella politica di Difesa americana.
La politica presentata ora dal Pentagono prevede l’introduzione di ordigni nucleari tattici a bassa intensità e il reinserimento nell’arsenale di missili balistici nucleari lanciati da sottomarini (Slcm).
La cosiddetta “Nuclear Posture Review” (Revisione della Strategia sul Nucleare) delinea le ambizioni del Pentagono nell’era Trump: si tratta della prima riforma dal 2010 e inverte nettamente la rotta rispetto al passato. Il testo sottolinea le preoccupazioni dell’amministrazione Trump per le minacce rappresentate da Corea del Nord, Iran e China, ma il programma si concentra sul nemico n.1 da sempre degli Usa: l’ex ‘Unione Sovietica, ora la Russia.
“Questa strategia risponde all’aumento delle capacità (militari) russe e alla natura della loro dottrina e strategia”, ha spiegato il ministro della Difesa, Jim Mattis, nell’introduzione al documento di 75 pagine. “Sviluppi (delle capacità militari) cui si aggiungono la conquista della Crimea e le minacce nucleare contro i nostri alleati, che segnano la decisione di Mosca di tornare alla competizione come una grande potenza”, ha aggiunto il generale in congedo a 4 stelle dei Marine.
“Abbiamo consistenti indizi che la nostra attuale strategia sia percepita dai russi come potenzialmente inadeguata a fermarli”, ha sostenuto Greg Weaver, vicedirettore delle capacità strategiche allo Stato Maggiore, secondo il quale “gli Usa e la Nato hanno bisogno di un più ampio range di credibili ordigni nucleari a bassa intensità per fare una cosa specifica: convincere i vertici russi che se dessero il via al ricorso limitato di ordigni atomici, in una guerra con l’Alleanza Atlantica, la nostra risposta negherà loro di raggiunge l’obiettivo che cercano (non farci rispondere con lo stesso tipo di armi, ndr) ed imporre loro costi che supereranno i benefici cui puntano” con la loro strategia.
Il nuovo documento prevede la modernizzazione degli arsenali nucleari basandosi sulla triade di: missili balistici intercontinentali (Icbm) lanciati da terra; missili intercontinentali (Slbm) lanciati da sottomarini e bombe sganciate da bombardieri strategici.
In sintesi il nuovo piano della Difesa Usa vuole cambiare il modo di fare la guerra, attraverso l’introduzione e lo sviluppo di testate nucleari a potenza ridotta, anche di un solo kilotone (17 volte meno potente della bomba sganciata il 6 agosto 1945 su Hiroshima) per effettuare attacchi ‘chirurgici’ con numero ridotto di vittime, con l’obiettivo di danneggiare il nemico senza per forza innescare una rappresaglia termonucleare da “fine di mondo”.
Tuttavia, questo è davvero poco rassicurante: di fatto è molto più probabile l’uso dell’atomica, considerando che un ordigno meno potente delle attuali bombe all’idrogeno, in media di 50 megatoni, potrebbe essere usato con rischi ridotti di una rappresaglia totale. Si torna di fatto indietro passando ad un arsenale formato da missili o testate trasportate da bombardieri e sottomarini super potenti alle cosiddette “atomiche tattiche di teatro”, come quelle disponibili in piena guerra fredda, da poter essere sparate in un proiettile d’artiglieria di dimensioni normali di artiglieri, da un obice.