Effettuati con successo per la prima volta in Italia al Policlinico Universitario A. Gemelli dall’equipe chirurgica dell’Unità Operativa Trapianti di rene, guidata dal Prof. Franco Citterio, e all’Ospedale San Camillo dall’equipe chirurgica guidata dal Prof. Massimo Iappelli del Dipartimento Interaziendale Trapianti POIT diretto dal Prof. Giuseppe Maria Ettorre, due trapianti di rene con modalità crociata e con il contemporaneo utilizzo della tecnica cosiddetta AB0 incompatibile. La tecnica consiste nel “ripulire” il sangue del paziente ricevente dagli anticorpi (cioè nel rimuoverli, eliminandoli) contro gli altri gruppi sanguigni in modo che non vi siano reazioni di rigetto. A due mesi dall’intervento i due donatori e i due riceventi godono di ottima salute.
Quando una persona vuole donare un rene a un paziente affetto da insufficienza renale cronica in dialisi, alcune volte non è possibile fare il trapianto del rene perché la coppia è incompatibile: per la presenza di anticorpi contro le caratteristiche genetiche del donatore (anticorpi anti-HLA donatore specifici) o per la presenza di anticorpi contro il gruppo sanguigno del donatore (trapianto AB0 incompatibile). “Per risolvere queste incompatibilità oggi abbiamo a disposizione due tecniche – spiegano Citterio e Iappelli – : il trapianto crociato e il trapianto con desensibilizzazione ABO. Nel trapianto con modalità crociata vi sono due coppie AB e CD dove ciascun donatore vuole donare un rene al proprio ricevente, ma ciò non è possibile perché in una coppia il donatore A ha anticorpi contro il ricevente B, ma non contro il ricevente D, e nell’altra coppia il donatore C ha anticorpi contro il ricevente D, ma non contro il ricevente B. Si può procedere quindi al trapianto con lo scambio di coppia”. In questo caso il donatore A dona al ricevente D e il donatore C dona al ricevente B. Nel caso in questione il gruppo sanguigno del donatore A non era compatibile con quello del ricevente D e quindi non era possibile effettuare lo scambio, ma lo scambio è stato reso possibile desensibilizzando il ricevente D, cioè rimuovendo dal suo sangue gli anticorpi contro il gruppo sanguigno del donatore A. “Abbiamo dunque, per la prima volta in Italia, abbinato due diverse tecniche per risolvere una complessa rete di incompatibilità – proseguono Citterio e Iappelli -: il trapianto crociato e la desensibilizzazione AB0. Sinora le due tecniche sono state considerate alternative e non complementari. Questi due trapianti non sarebbero stati possibili altrimenti”. Tutto ciò è stato reso possibile dalla costante e ben coordinata collaborazione tra le equipe del trapianto di rene della Fondazione Policlinico A. Gemelli e del Dipartimento Interaziendale Trapianti POIT dell’Ospedale San Camillo di Roma, il Centro Regionale Trapianti e l’ARES 118.
Nel dettaglio, come è avvenuta la complessa operazione salvavita? Gli interventi di prelievo laparoscopico dei due reni donati si sono svolti contemporaneamente al Policlinico Gemelli e al San Camillo. Quindi automezzi dell’ARES 118 hanno trasferito i due organi da un ospedale all’altro e si sono iniziati i trapianti dei due reni, effettuati al Policlinico Gemelli dall’equipe chirurgica dell’Unità Operativa Trapianti di rene, guidata dal Prof. Franco Citterio, e all’Ospedale San Camillo dall’equipe chirurgica guidata del Prof. Massimo Iappelli del Dipartimento Interaziendale Trapianti diretto dal Prof. Giuseppe Maria Ettorre. Determinante per il successo di questi trapianti è stata la stretta collaborazione con l’Unità Operativa di Emotrasfusione del Gemelli diretta dalla Prof. Gina Zini e con il laboratorio di Tipizzazione Tissutale HLA e Immunologia dei Trapianti del Centro Regionale Trapianti diretto dalla Prof. Antonina Piazza. Il coordinamento delle attività logistiche, necessario allo scambio dei due reni, è stato svolto dal Centro Regionale Trapianti della Regione Lazio, diretto dal Prof Maurizio Valeri, e dall’Ares 118 diretto dal Dr. Antonio Ientile.
“Il trapianto di rene da donatore vivente è oggi la migliore cura possibile per un paziente affetto da insufficienza renale terminale – concludono Citterio e Iappelli -, garantendo migliore sopravvivenza del paziente, migliore qualità di vita e costi significativamente minori rispetto al trattamento dialitico. L’integrazione tra le nuove possibilità tecniche e organizzative apre nuove possibilità di cura per i tanti pazienti in attesa di un trapianto di rene”.