Il tema della giornata mondiale della tubercolosi 2018 è “Cercansi leader per un mondo libero dalla tubercolosi”. L’invito non è rivolto soltanto a Capi di Stato e Ministri della Salute ma a tutti i livelli della politica, ai malati, alla società civile, agli operatori sanitari e alle Organizzazioni non Governative.
In questo scenario AMCLI conferma il suo impegno sia nella prevenzione sia nello sviluppo di sistemi di monitoraggio territoriale.
Secondo i dati relativi al 2016, appena pubblicati congiuntamente da ECDC e OMS, sono stati 59.000 i casi di tubercolosi notificati nei paesi UE/EEA, circa 13 per 100.000 abitanti. Se, da un lato, la costante diminuzione registrata dal 2000 a oggi è confortante (-4% annuo) e i dati europei sono migliori rispetto a quelli di altre aree geografiche, la maggior parte degli obbiettivi dalla strategia End TBC che mira all’eliminazione della tubercolosi entro il 2050 (OMS), non sono stati raggiunti.
“La tubercolosi è ancora fra di noi e, mentre le forme sensibili ai farmaci sono facilmente curabili, quelle sostenute da bacilli resistenti richiedono terapie, lunghe e non prive di effetti collaterali, che non sempre sono coronate dal successo. Su questo la comunità dei microbiologi clinici è impegnata in prima linea e in contatto con le strutture sanitarie di tutta Italia” commenta Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Ovest milanese.
L’Italia è un paese a bassa endemia con circa 6 casi ogni 100.000 abitanti, in linea con gli altri stati dell’Europa occidentale. Più del 60% di essi riguardano soggetti non nati in Italia, ed è proprio fra questi ultimi, in particolare fra quelli provenienti dai paesi dell’est europeo, che si registrano la maggior parte dei casi farmaco resistenti.
“Un ulteriore problema emerso nell’ultimo anno è quello delle epidemie transfrontaliere dovute alla diffusione di particolari ceppi clonali in diversi stati europei. Per fronteggiare il fenomeno l’ECDC ha messo a punto una task force con l’obbiettivo di individuare nel più breve tempo possibile tali ceppi per impedirne la trasmissione. Fra le varie tecniche diagnostiche disponibili il sequenziamento dell’intero genoma si è rivelato il metodo più idoneo, essendo in grado di rilevare, in tempi brevi, la sensibilità ai farmaci e di tracciare con precisione le catene di trasmissione” spiega Enrico Tortoli, coordinatore del Gruppo di Lavoro Micobatteri dell’AMCLI.
Una recente indagine condotta dal Gruppo di Lavoro Micobatteri dell’AMCLI ha confermato che in Italia i Laboratori di Microbatteriologia si avvalgono di moderne metodiche diagnostiche. Molti di essi costituiscono un’efficiente rete che collabora alla notifica dei nuovi casi e fornisce all’Istituto Superiore di Sanità dati attendibili su incidenza e farmaco-resistenza.
“Nella lotta alla tubercolosi, come per altre gravi forme infettive, assistiamo a progressi che non riescono ad incidere completamente sull’eradicazione della malattia. Su questo dobbiamo tutti focalizzare il nostro impegno. Il primo passo concreto nel contrasto alla diffusione della TBC è quello di aumentare la capacità di diagnosi ed analisi del singolo caso. La Microbiologia italiana accetta la sfida e si dichiara pronta a sviluppare reti di controllo sempre più strette ed integrate” conclude Clerici.