Nel 2018 l’Equinozio di Primavera, l’inizio della primavera astronomica, avviene il 20 Marzo alle 16:15 UTC, cioè alle 17:15 ora italiana.
«L’ultima volta che l’equinozio è avvenuto il 21 marzo è stato nel 2007, la prossima volta sarà nel 2102», spiega Sandro Bardelli, astronomo dell’Osservatorio di astrofisica e scienza dello spazio dell’Inaf di Bologna.
Perché allora siamo abituati a pensare al 21 marzo? È la data convenzionale dell’equinozio che fu decisa nel Concilio di Nicea del 325 per calcolare la Pasqua cristiana, e dalla quale partì l’ultima sistemazione del calendario – noto come calendario gregoriano – nel 1582, calendario che utilizziamo ancora oggi.
Ma tale sistemazione non è ancora perfetta, spiega Matteo Boni su Media Inaf. Il nostro calendario misura 365 giorni per un anno, cioè circa un quarto di giro in meno di quanti la Terra ne compia su se stessa durante una rivoluzione completa attorno al Sole – una rivoluzione terrestre è compiuta in 365 giorni 5 ore 48 minuti 49 secondi.
Quindi accumuliamo ritardo per 3 anni e poi recuperiamo tutto aggiungendo 1 giorno ogni 4 anni (anno bisestile), purché il quarto anno sia divisibile per 4 e, se l’anno è secolare, lo sia anche per 400: così l’anno 1600 ed il 2000 sono stati bisestili, mentre non lo sono stati 1700, 1800 e 1900.
Il ritardo che accumuliamo fa sì che ogni anno il momento dell’equinozio sia in un orario differente rispetto al precedente, per poi venire risistemato con il giorno bisestile: l’equinozio può così cadere in un giorno compreso tra il 19 ed il 21 marzo.
«L’equinozio è definito come l’istante del passaggio del centro del Sole sulla proiezione in cielo dell’equatore terrestre. Non esiste un punto fisico o una stella che identifica la posizione del Sole in quel momento. In pratica lo si osserva con gli effetti dell’illuminazione del Sole sulla Terra», spiega Bardelli. «Un tempo era compito di astronomi-sacerdoti determinarne l’arrivo; col risveglio della Natura, in molte culture l’equinozio di primavera rappresentava l’inizio dell’anno». Oggi che ha perso l’interesse di un tempo, «il compito è lasciato a sofisticati algoritmi che tengono conto dei vari movimenti dell’orbita e dell’inclinazione della Terra».
Ciò non significa che l’equinozio di primavera non sia importante. «In astronomia l’equinozio determina l’origine delle coordinate celesti con le quali ci si orienta nell’osservazione del cielo», continua Bardelli. «Esso viene chiamato punto gamma perché la forma della lettera greca con la quale si indica ricorda la testa dell’Ariete, costellazione nella quale l’equinozio cadeva anticamente. Oggi è nella costellazione dei Pesci».
Il giorno dell’equinozio l’asse di rotazione terrestre è perpendicolare ai raggi del Sole, il quale appare compiere la sua orbita esattamente dai punti cardinali Est ad Ovest, passando per lo Zenith all’Equatore.
«Il termine equinozio», ricorda infine Bardelli a chiarimento di un altro frainteso comune, «significa notte uguale. Vuol dire che – in linea di principio – la durata della notte e la durata del giorno dovrebbero essere uguali. Questo in realtà non è vero ai fini pratici, perché gli istanti dell’alba e del tramonto vengono riferiti al centro del Sole. Ma la luce rischiara il cielo già quando il bordo superiore del Sole supera la linea dell’orizzonte e ciò fa sì che il dì cominci prima e la notte cali dopo l’istante dell’attraversamento dell’orizzonte da parte del centro del Sole. Inoltre l’atmosfera agisce come una lente e sposta verso l’alto l’immagine del Sole, per cui quando vediamo il Sole appena sopra l’orizzonte in realtà è già sotto, quindi anche nel giorno dell’equinozio la durata del dì e della notte non è uguale. Alle nostre latitudini, in particolare, la parità tra giorno e notte avviene il 17 marzo».