Nel settembre 1944 a Roma si creò l’UDI (Unione Donne in Italia) per iniziativa di donne appartenenti a PCI, PSI, Partito d’Azione, Sinistra Cristiana, Democrazia del Lavoro. Fu l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare l’8 marzo 1945 la prima Giornata della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna, contenente richieste di partità di diritti e lavoro. Con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta Italia e vide la comparsa del suo simbolo: la mimosa. Parliamo di una tradizione tipica italiana. Tra le attiviste, Rita Montagna e Teresa Noce, che hanno eletto questo fiore come simbolo della Festa della donna, c’era Teresa Mattei, ex partigiana e convinta sostenitrice dei dirtti delle donne. La mimosa non fu l’unica portata in assemblea. Oltre ad essa, vennero messi a voti anemoni, garofani e violette… ma la mimosa vinse. I perché sono tanti. La Matttei, in un’intervista, disse: “La mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette” e che le ricordava le lotte sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente.
La ex partigiana, morta a 92 anni nel 2013, dichiarò: “Quando nel giorno della Festa della donna vedo le ragazze con un mazzolino di mimosa penso che tutto il nostro impegno non è stato vano”. L’8 marzo 1946 non poteva che incarnare l’Italia libera, della pace, il punto di inizio di una nuova fase della storia femminile, un forte, gioioso e combattino momento aggregativo e identificativo e la mimosa venne scelta perché nei dintorni di Roma fioriva abbondante e poteva essere raccolta senza costi sulle piante che crescono selvatiche.
Una pianta, dunque, da inizio primavera, popolare, semplice, vitale, in grado, nonostante la sua apparente fragilità, di crescere su terreni particolari, aridi e difficili. Delicatezza apparente-forza interiore… non sono forse queste le caratteristiche vicine alla figura storica della donna, perfette per interpretarla? Il basso costo della mimosa ne decretò la sua vittoria ufficiale, specie nel dopoguerra, in modo che tutti potessero accedervi per farne dono gradito.