La gioia può abitare in ogni casa e sta nelle piccole cose: avere un lavoro, ma riuscire a riservargli il tempo che serve senza lasciare che lo stress e i dissapori della vita professionale interferiscano con la sfera privata; dedicarsi alla famiglia, circondarsi di amici e poter guardare al prossimo con fiducia, mettendo da parte diffidenza e sospetti.
Ha il sapore della semplicità la ‘ricetta del buonumore’ che emerge da un’indagine condotta dal Centro medico Santagostino su un campione casuale di oltre 600 utenti dei suoi poliambulatori, nati per conciliare prestazioni sanitarie di qualità e prezzi accessibili a chiunque ne abbia bisogno. Risultati anticipati all’AdnKronos Salute alla vigilia della Giornata mondiale della felicità che si celebra il 20 marzo.
Mentre il World Happiness Report stilato ogni anno dall’Onu quest’anno mette al primo posto la Finlandia, Paese più felice del pianeta in una classifica che vede l’Italia 47esima (un gradino sopra rispetto alla rilevazione 2017), secondo l’indagine targata Santagostino gli abitanti della Penisola conservano il sorriso nella maggior parte dei casi: su una scala da 1 a 7, le persone che danno un voto alto alla propria vita – compreso fra 5 e 7 – superano il 50%.
E sempre più della metà dice di avere ottenuto una buona parte delle cose che riteneva importante avere. A fronte di un 7,5% che se rinascesse non cambierebbe nulla della propria esistenza (circa il 6% degli uomini e l’8% delle donne si definiscono estremamente soddisfatti), si registra un 9,5% che riferisce un alto tasso di insoddisfazione: circa il 10% degli uomini e il 6% delle donne si dichiarano estremamente insoddisfatti.
Quasi una persona su 10, dunque, si sente infelice. Spicca però un elemento: la percentuale di estremamente soddisfatti aumenta lievemente con l’età, mentre quella di persone estremamente insoddisfatte si riduce di pari passo. Come dire che l’avanzare degli anni non necessariamente lascia l’amaro in bocca. Invecchiare significa anche saggezza, esperienza, traguardi raggiunti.
“Questo dato può indicare ?una progressiva maggior realizzazione personale con l’aumentare dell’età – analizzano Stefano Porcelli e ?Laura Mandelli, psicologi del Centro Medico Santagostino e curatori della ricerca – ?anche se non si può escludere un gap generazionale per quanto riguarda la soddisfazione e la realizzazione personale”. E se la giovinezza non per forza regala gioia, sembrano non farlo nemmeno gli anni passati studiando.
“Nei soggetti con più alta scolarità – indica l’indagine – i tassi di estrema insoddisfazione risultano significativamente più alti, raggiungendo oltre il 15%, mentre nei soggetti con media scolarità si arresta al 6% circa”. Cosa significa? Per gli psicologi “è possibile che le persone con più alta scolarità dedichino maggior tempo ed energie alla ?realizzazione professionale, trascurando altri aspetti della vita come le relazioni sociali e sentimentali, invece importantissimi per il benessere soggettivo”.
Che inseguire la carriera possa moltiplicare le preoccupazioni, a scapito della serenità complessiva, lo prova il 60% circa che nel sondaggio dichiara la propria vita privata influenzata negativamente dal lavoro, da abbastanza a molto. Quasi metà del campione dà punteggi alti (da 4 a 7) all’affermazione “lotto per destreggiarmi tra lavoro e non lavoro”.
E tra chi riconosce un’alta ?interferenza del lavoro nella vita privata, i tassi di grave insoddisfazione schizzano al 18% mentre quelli di piena soddisfazione crollano al 4%. Insomma, superlavoro uguale più rischi di infelicità e pericolo doppio di solitudine: un sentimento che vola a oltre il 40% fra chi avverte una maggiore ingerenza della professione nel privato, contro il 20% calcolato in chi riesce a trovare il giusto mix lavoro-tempo libero.
Poter contare su una fitta rete sociale si conferma infatti “importantissimo per il proprio livello di soddisfazione: nei pazienti che dichiarano di essere soli o piuttosto soli, che sono il 52,7% del campione, il tasso di soggetti estremamente insoddisfatti della propria vita arriva a superare il 23% – emerge ancora dall’indagine – mentre quello di estremamente soddisfatti crolla sotto il 2%”. L’ultimo ingrediente chiave per aggiungere sale alla vita è la ?fiducia negli altri. “Solo il 30% del campione dichiara di avere tante persone di cui si può fidare completamente, percentuale che sale invece al 56% se si parla di persone a cui ci si può rivolgere in caso di necessità”.
“Questi dati – commentano gli psicologi del Centro Santagostino – ci dimostrano come sia il bilanciamento tra lavoro e vita privata sia, in misura anche maggiore, l’intensità di rapporti sociali significativi (quelli cioè che non ci fanno sentire soli) impattano significativamente sulla nostra felicità. Questi due aspetti sono inoltre intrinsecamente associati: maggiori sono le energie e il tempo dedicato all’attività lavorativa, minori sono le possibilità di ‘investire’ nella vita privata e quindi nelle relazioni sociali, familiari e sentimentali. E’ perciò importante – raccomandano gli esperti – cercare di mantenere per quanto possibile un sano equilibrio tra lavoro e vita privata, e soprattutto coltivare e alimentare relazioni sociali significative, fondamentali per un pieno benessere”.