Gli scienziati della Rutgers University-New Brunswick e dell’Atmospheric and Environmental Research (AER) hanno collegato la frequenza dell’estremo maltempo invernale negli Stati Uniti alle temperature dell’Artico. La ricerca è stata pubblicata in Nature Communications.
Jennifer Francis, co-autrice dello studio e professoressa di ricerca di scienze marine e costiere presso la School of Environmental and Biological Sciences della Rutgers, dichiara: “Fondamentalmente, questo conferma la storia che racconto da un paio di anni ormai. Le temperature calde nell’Artico fanno sì che la corrente a getto abbia pesanti oscillazioni e quando passa verso sud, questo fa sì che l’aria fredda si spinga ancora più a sud. Queste oscillazioni tendono a restare per un po’, quindi il tempo che si ha negli Stati Uniti orientali, che sia freddo o caldo, tende a persistere a lungo”.
La ricerca è tempestiva considerato l’estremo inverno 2017-2018, che ha incluso il record di caldo all’Artico e il record minimo di ghiaccio marino, la perturbazione da record del vortice polare, le freddi e dirompenti nevicate da record negli Stati Uniti e in Europa, i diversi “cicloni bomba” e nor’easter, ha dichiarato Judah Cohen, direttore delle previsioni stagionali presso l’AER e autore principale dello studio.
I ricercatori hanno scoperto che quando il riscaldamento artico si verificava vicino alla superficie, la connessione con un inverno rigido era debole. Quando il riscaldamento si estendeva alla stratosfera, tuttavia, erano probabili perturbazioni del vortice polare stratosferico. Queste perturbazioni in genere provocano estremo maltempo invernale nel medio/tardo inverno e colpiscono i grandi centri metropolitani del nord-est degli USA.
Francis ha dichiarato: “5 degli ultimi 6 inverni hanno portato freddo persistente negli Stati Uniti orientali e condizioni calde e secche ad ovest, mentre l’Artico è stato eccezionalmente caldo. Il nostro studio suggerisce che questa non è una coincidenza. È ancora difficile definire con precisione quanto l’Artico abbia contribuito alla gravità o alla persistenza del modello, ma sta diventando molto difficile credere che non siano correlati”.