L’astrofisico Stephen Hawking morto a 76 anni era malato di Sla dall’età di 21. Ha convissuto con questa malattia neurodegenerativa per 55 anni, riuscendo ad essere comunque protagonista in molti campi. “Un caso raro, ma va detto che ci sono forme particolarmente benigne di questa patologia con progressioni molto variabili da persona a persona”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Alberto Albanese, responsabile dell’Unità operativa Neurologia I dell’Humanitas Research Hospital di Milano.
“Non era un mio paziente e quindi non posso scendere nei particolari – prosegue Albanese – nella mia esperienza ho avuto un malato che ha vissuto oltre 20 anni con la Sla ed è morto per cause accidentali. Quindi forse sarebbe sopravvissuto anche più a lungo”. Secondo il neurologo la rarità del ‘caso Hawking’ è collegata anche al fatto che “ci sono forme di malattia del motoneurone (con cui si indica un gruppo di patologie caratterizzate da una degenerazione precoce dei neuroni di moto o motoneuroni, inclusa la Sla) che interessano tardivamente le capacità respiratorie e quindi consentono una vita intellettuale adeguata”.
L’Humanitas sta portando avanti un progetto europeo, che coinvolge 8 Stati, per cercare una cura attraverso la sperimentazione di un farmaco già identificato. “Come tutte le malattie neurodegenerative c’è una forte variabilità tra soggetti – ricorda Albanese – le malattie del motoneurone sono diverse, fulminanti o lente. Quello che per ora non si sa è cosa fa scattare questa degenerazione. A differenza del Parkinson e dell’Alzheimer, nella Sla non c’è un accumulo di proteine che soffocano i neuroni, ma questi a un certo punto spingono il bottone dell’autodistruzione e parte così la degenerazione dei motoneuroni. Questo è il processo che stiamo provando a bloccare”.