Terremoto Puglia, scosse nell’Adriatico indotte dall’estrazione di idrocarburi? Il geologo Aldo Piombino smonta le bufale

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Dopo il terremoto di magnitudo 3.7 di sabato 24 marzo a largo della costa adriatica brindisina, molti ne hanno attribuito la causa all’attività estrattiva di idrocarburi. Come spiegato nel dettaglio dal geologo Aldo Piombino, l’ipocentro (28 km di profondità) e la distanza del campo petrolifero più vicino (50 km) smentiscono questa possibilità. Infatti, spiega il geologo, i terremoti indotti dall’attività umana hanno tutti un ipocentro superficiale, inferiore ai 10 km (ma questo non significa che tutti i terremoti superficiali abbiano un’origine artificiale).

Ma il geologo, in un lungo e dettagliato post sul blog Scienzeedintorni che potete trovare qui, ha approfondito l’argomento. Piombino afferma che si parla di sismicità indotta quando le attività antropiche rimettono in movimento vecchie faglie, che non sarebbero più in grado di muoversi da sole. Nel caso di faglie non più attive, si parla di sismicità indotta; nel caso di una faglia attiva, che si sarebbe comunque mossa in futuro, si parla di sismicità attivata, che si comporta in maniera più simile a quella naturale.

terremoto puglia trivellazioniNel suo post, il geologo si è soffermato solo sulla sismicità indotta, che molti hanno associato all’estrazione di idrocarburi per l’evento sismico verificatosi nei giorni scorsi in Puglia. Piombino ha chiarito che non è di per sé l’attività di estrazione a indurre un evento sismico, bensì un’attività secondaria, ossia la reiniezione nel sottosuolo delle acque di strato (acque estratte insieme al petrolio, da cui devono essere separate, che vengono reimmesse nel sottosuolo, poiché molto inquinanti per essere disperse nell’ambiente). Questo processo può provocare sismicità indotta perché aumenta la pressione dei liquidi lungo le faglie, diminuendone l’attrito.

In alcuni casi, invece, sono proprio le attività estrattive a provocare terremoti, ma è un problema limitato all’estrazione di gas, la cui pressione è maggiore di quella del petrolio. Nel suo post, Piombino ha anche affrontato il tema dell’airgun, ossia della tecnica utilizzata per l’ispezione geofisica dei fondali marini. Tale tecnica, sparando aria compressa in acqua, consente di ricostruire la stratigrafia del sottosuolo, di individuare la presenza di gas o liquidi o di faglie attive nel sottosuolo marino. Piombino afferma che questa tecnica non è assolutamente in grado di innescare terremoti perché troppo debole.

Inoltre, il geologo ha chiarito che la trivella è sì uno strumento per perforare il terreno, ma in maniera molto superficiale, quindi non è assolutamente in grado di scavare pozzi esplorativi o estrattivi profondi vari km. Quindi, fa notare Piombino, l’attività di perforazione associata alle trivelle non è in grado di indurre terremoti, che, invece, potrebbero essere indotti dai pompaggi.

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