Tumori: monitorare l’evoluzione in tempo reale per combattere le recidive

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L’eterogeneità tumorale e la capacità di trasformazione delle cellule conferisce al cancro la capacità di sfuggire anche alle terapie di precisione.
E’ stato infatti dimostrato che le terapie stesse sono responsabili dell’eterogeneità neoplastica e dello sviluppo della resistenza ai farmaci. Per ottenere cure efficaci a lungo termine, bisogna tener conto della continua evoluzione della neoplasia, tenerla d’occhio anche con la biopsia liquida per monitorare ed intervenire subito.
Altro obiettivo è quello di aumentare significativamente la proporzione di pazienti che riceve un trattamento mirato. Ad oggi, per esempio, circa il 75% dei pazienti affetti da neoplasia polmonare riceve una qualche forma di caratterizzazione molecolare del tumore dal quale è affetto, ma solo circa il 50% riceve un trattamento iniziale con terapie mirate od immunologiche, mentre il 50% continua a ricevere un trattamento chemioterapico tradizionale. La prospettiva futura è quella di arrivare in tempi brevi a caratterizzare da un punto di vista molecolare virtualmente tutti pazienti con tumore polmonare e di accrescere il numero di trattamenti personalizzati fin dall’inizio.
E’ quanto è emerso dal Workshop Internazionale “Tumor evolution and heterogeneity of the cancer genome: challenges and opportunities for precision medicine” del 22 e 23 Marzo all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) di Roma e che ha riunito i maggiori esperti mondiali in oncologia sperimentale e clinica.

L’importante evento scientifico è promosso da Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico IRE e si colloca ad un anno di attività dal rinnovo del vertice aziendale IFO.
 
Il tema affrontato nel workshop  – ha detto Francesco Ripa di Meana, Direttore Generale IFO nel suo saluto di apertura conferma la vocazione degli Istituti ad essere precursori in tema di innovazione in oncologia e ad essere uno snodo essenziale nell’attività scientifica della Capitale d’Italia, all’interno di una squadra impegnata a livello locale, nazionale ed internazionale per lo sviluppo di nuove conoscenze e competenze nella lotta ai tumori.”
La progressione tumorale è dovuta ad un processo di continua selezione delle alterazioni genetiche (ad esempio mutazioni) che conferiscono alla cellula un vantaggio evolutivo. Questa selezione finisce con il generare sottopopolazioni di cellule tumorali con diversi tratti di malignità, condizione definita come eterogeneità tumorale.
La nostra capacità di attaccare e sconfiggere la cellula tumorale – spiega Gennaro Ciliberto – è notevolmente aumentata grazie alla caratterizzazione del genoma delle cellule tumorali. La medicina di precisione usa approcci terapeutici capaci di eradicare la neoplasia colpendone le cause specifiche, interferendo, cioè, con la funzione delle proteine codificate da questi geni mutati.
Tuttavia quando i tumori metastatici sono colpiti da farmaci a bersaglio molecolare quasi sempre emerge un sottoinsieme di cellule insensibili alla terapia. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi, le terapie mirate sono solo transitoriamente efficaci nei pazienti.”
Nei nostri studi – spiega Alberto Bardelli,  direttore del Laboratorio di Oncologia Molecolare dell’Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (Torino) – abbiamo usato il cancro colorettale (CRC) come sistema modello per dimostrare che per  superare la possibilità di una recidiva dopo un trattamento con cure personalizzate è importante monitorare l’evoluzione clonale del tumore in tempo reale nel sangue dei pazienti. Le biopsie liquide sono utili per intercettare cloni di cellule resistenti prima che le ricadute siano clinicamente evidenti. Un altro approccio è quello di potenziare la capacità del sistema immunitario di riconoscere le cellule resistenti ai farmaci. A questo proposito, recenti studi indicano che l’inattivazione della riparazione del DNA innesca la generazione di neo-antigeni, migliora la sorveglianza immunitaria e porta a risposte terapeutiche prolungate.”
Il mio team – racconta Giulio F. Draetta, del Department of Genomic Medicine, MD Anderson Cancer Center, (Houston, USA) – ha ad esempio utilizzato modelli di topo, tecnologie omiche e integrazione dei dati per studiare l’adenocarcinoma duttale pancreatico, uno dei tumori più letali nei paesi occidentali, con una percentuale estremamente bassa di sopravvivenza a lungo termine. La malattia è caratterizzata da una notevole diversità fenotipica ed eterogeneità morfologica, che sono la causa principale di resistenza alle cure. Abbiamo individuato terapie che sono in fase di sviluppo preclinico e clinico, che bloccano la progressione del tumore pancreatico.
Il workshop internazionale si svolge a poco più di un anno di lavoro del Direttore Scientifico Gennaro Ciliberto all’IRE.  “Sono molto soddisfatto dei risultati raggiunti in questi mesi – spiega Gennaro Ciliberto –  la produzione scientifica è in costante aumento in termini di qualità e numero di pubblicazioni. Siamo tra gli istituti oncologici con maggiore produttività scientifica, un risultato importante. Abbiamo avviato l’attività della Biobanca IRE di tessuti tumorali e liquidi biologici, zoccolo importante per svolgere ricerca traslazionale ad alto livello. Numerosi gli investimenti tecnologici tra cui l’acquisizione di una tecnologia innovativa capace di quantificare fino ad 800 diversi acidi nucleici con una tecnologia digitale che non richiede processi di amplificazione e quindi riduce al minimo gli artefatti, e che può essere utilizzata per diagnosticare la probabilità di recidiva del cancro al seno. Inoltre è stato introdotto l’utilizzo di una piattaforma informatica capace di interpretare i risultati della caratterizzazione genomica dei tumori al fine di meglio orientare le scelte terapeutiche.”
Con il supporto fondamentale della Direzione Generale – prosegue Ciliberto –  abbiamo inoltre siglato un accordo strategico di collaborazione con l’Università la Sapienza nell’ attività didattica, della ricerca e del trasferimento tecnologico. Grazie infine ad una piattaforma informatica  “Smart “abbiamo un monitoraggio delle sperimentazioni cliniche accurato e una migliore interazione tra le attività degli sperimentatori clinici dell’Istituto. Abbiamo tante altre attività work in progress: l’avvio del Clinical Trial Center per le sperimentazioni cliniche di fase 1, e una serie di nuovi progetti trasversali per potenziare la collaborazione tra laboratori di ricerca e clinici. Lavoriamo anche ad un ulteriore ampliamento strutturale dei laboratori di ricerca al fine di potenziare le attività e rinforzare la mission dal punto di vista sperimentale pre-clinico. Crediamo all’integrazione massima dell’area laboratori con l’area clinico-assistenziale, due braccia dello stesso corpo che devono continuamente collaborare e sviluppare progettualità in comune.”
Le novità che emergono dal workshop – conclude Francesco Ripa di Meana – sono una ulteriore conferma che l’oncologia sperimentale di laboratorio e clinica sono in una relazione simbiotica. Un esempio di questa reciproca collaborazione è l’importante progetto “Proto4life” che stiamo portando avanti con Regione e Gemelli. Gli IFO realizzano la propria mission mettendo a punto anche modelli organizzativi innovativi e a beneficio di tutti.
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