Tumori: da uno studio le prime conferme sui rischi dai telefonini, appello alle aziende

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Un lieve aumento di tumori al cuore e al cervello, dovuto all’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza emesse da ripetitori della telefonia mobile e a quelle, più dirette sull’organismo, emesse dai cellulari. Sono i primi dati dello studio appena pubblicato su ‘Environmental Research‘ dall’Istituto Ramazzini di Bologna, attraverso il Centro di ricerca sul cancro ‘Cesare Maltoni’ – che ha analizzato gli effetti sui topi dei ripetitori in un lavoro finanziato, tra gli altri, da Arpa e Regione Emilia Romagna – e della ricerca ‘associata’ del National Toxicologic Program (Usa) sui telefoni cellulari. Due analisi che hanno riscontrato gli stessi tipi di tumore sugli animali da laboratorio.
Nella ricerca appena pubblicata, il Ramazzini ha studiato esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program. “Abbiamo valutato – spiegano all’AdnKronos Salute dall’Istituto bolognesesoprattutto l’impatto su cuore e cervello. L’aumento delle patologie oncologiche è di circa l’1,4%, sia per i ripetitori che per i cellulari. Una crescita contenuta, ma se si pensa al numero di persone esposte, il numero di individui che rischiano di ammalarsi è elevato“.
Da qui gli appelli dei ricercatori. Da una parte all’industria “perché, per quanto riguarda i telefonini, investa non solo nel miglioramento della tecnologia, ma anche in strumenti di salvaguardia. Per esempio: gli auricolari, riconosciuti come strumento per ridurre l’impatto delle emissioni sull’organismo dell’utilizzatore, potrebbero essere migliorati. Oggi li ritroviamo con i fili ingarbugliati nella borse e nelle tasche, inutilizzabili. Renderli di più facile uso sarebbe un passo avanti“. L’altro appello degli studiosi del centro bolognese è alle agenzie regolatorie, perché “diano valutazioni più puntuali dei limiti a cui può essere esposta la popolazione e aiutino a cercare strumenti per ridurre i livelli di esposizione“.
Nello studio del Ramazzini, 2.448 ratti sono stati esposti a radiazioni Gsm da 1.8 GHz (quelle delle antenne della telefonia mobile) per 19 ore al giorno, dalla gravidanza delle loro madri fino alla morte spontanea. Lo studio si è basato su ‘dosi’ simili a quelle che ritroviamo nel nostro ambiente di vita e di lavoro, studiate per mimare l’esposizione umana full-body generata da ripetitori. Dosi molto più basse rispetto a quelle usate nello studio dell’Ntp americano. “L’intensità delle emissioni utilizzate per lo studio è dell’ordine di grandezza di quella delle esposizioni ambientali più comuni in Italia“, precisa Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini e leader dello studio.
Le dosi dell’istituto americano, invece, sono state stabilite per mimare l’esposizione localizzata sui tessuti prodotta da un cellulare posto vicino al corpo, quindi decisamente più elevate di quelle dell’Istituto Ramazzini. “Il nostro studio – continua Belpoggi – conferma e rafforza i risultati del National Toxicologic Program americano. Non può infatti essere dovuta al caso l’osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze. Sulla base dei risultati comuni, riteniamo che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni“.
Sebbene l’evidenza sia quella di un agente cancerogeno di bassa potenza – ribadisce la ricercatrice – il numero di esposti è di miliardi di persone, e quindi si tratta di un enorme problema di salute pubblica, dato che molte migliaia potrebbero essere le persone suscettibili a danni biologici da radiofrequenze. Inoltre i nostri dati rafforzano la richiesta di adottare precauzioni di base a livello globale. Semplici misure sugli apparecchi, come un auricolare a molla incorporato nel telefono, oppure segnalazioni di pericolo sia nelle istruzioni che nella confezione di acquisto perché l’apparecchio venga tenuto lontano dal corpo. Certo non immagino che si possa tornare indietro nella diffusione di questa tecnologia, ma sono sicura che si possa fare meglio. La salute pubblica necessita di un’azione tempestiva per ridurre l’esposizione, le compagnie devono concepire tecnologie migliori, investire in formazione e ricerca, puntare su un approccio di sicurezza piuttosto che di potenza, qualità ed efficienza del segnale radio. Siamo responsabili verso le nuove generazioni e dobbiamo fare in modo che i telefoni cellulari e la tecnologia wireless non diventino rischi conosciuti e ignorati per decenni“, conclude Belpoggi.

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