Il giudice britannico Anthony Hayden ha confermato il ‘no’ al trasferimento del piccolo Alfie Evans in Italia, chiudendo l’udienza di oggi come “l’ultimo capitolo nella storia di questo straordinario bambino”.
Un verdetto che non apre spiragli neppure alla richiesta del legale dei genitori di riesaminare l’opzione italiana fra un paio di giorni nel caso in cui i medici di Liverpool non consentano a papà Tom e mamma Kate di riportare almeno il bambino a casa: come lo stesso giudice ha chiesto loro di valutare, seppure senza obblighi.
Rimane invece da valutare la possibilità di consentire che Alfie Evans venga riportato a casa dal padre e dalla madre. Tuttavia i medici britannici dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool frenano su tale richiesta.
“Ci vorranno almeno 3-5 giorni per decidere, comunque al momento è impossibile per l’ostilità” dei manifestanti che protestano dinanzi all’ospedale, ha fatto sapere il team che lo ha in cura. “Abbiamo sinceramente paura“, ha poi detto uno dei medici.
La vicenda
Il piccolo Alfie Evans è un bambino di 23 mesi, colpito da una grave e ignota patologia neurodegenerativa. Lo stesso giudice Anthony Hayden ha autorizzato le procedure di distacco dai macchinari salvavita, avvenuta ieri sera intorno alle 22:30 ora locale. Sembrava fosse l’inizio della fine, ma Alfie ha continuato a respirare, nel suo lettino, fra la braccia della mamma, senza l’ausilio del ventilatore meccanico.
Il caso sta scatenando proteste e interrogativi, soprattutto a seguito della concessione della cittadinanza italiana “per motivi umanitari“.
Concessi acqua e ossigeno
ll bimbo è vivo, “ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! E’ sorprendente. Non importa cosa succederà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano“ ha scritto su Facebook la mamma di Alfie, Kate James. Il bambino ha respirato da solo per ore, una circostanza che secondo il padre avrebbe stupito anche i medici, che pensavano che il piccolo sarebbe morto nel giro di pochi minuti.
“Mi sono sentito benedetto quando gli hanno confermato acqua e ossigeno. Sta ancora respirando da solo, lo ha fatto per 9 ore, ma il suo corpo è ossigenato. E ha bisogno di essere supportato entro la prossima ora, più o meno“: ha dichiarato il papà del piccolo Alfie, che questa mattina ha raccontato al programma Tv “Good Morning Britain” la notte trascorsa dal bimbo di 23 mesi senza i supporti vitali. “Per 9 ore Alfie ha respirato da solo. E’ arrivato un momento in cui Kate si è proprio addormentata accanto a lui. Stiamo controllando i suoi livelli. Il suo livello di ossigeno è inferiore a 70 perché sta faticando“. “Mi sono messo a sedere con i medici e ho detto che questo stava diventando un crimine. Affamarlo di cibo e idratazione, potenzialmente di ossigeno. Così mi sono seduto con i dottori. Abbiamo avuto un incontro di circa 40 minuti e hanno detto di sapere che ho ragione e avevo sempre avuto ragione. Non sta nemmeno soffrendo“.
La possibilità di una cura in Italia
Innumerevoli i tentativi di portarli in Italia, massima disponibilità di continuare a garantire le cure necessarie da parte dei medici del Bambin Gesù e del Gaslini. Al piccolo è stata conferita la cittadinanza italiana e i genitori di Alfie Evans hanno rilanciato la richiesta di trasferimento del loro piccolo da Liverpool a un ospedale italiano, alla luce della capacità di respirazione autonoma mostrata dopo il distacco dai macchinari.
Gli stessi medici del Bambin Gesù hanno dichiarato: “Noi siamo pronti, l’aereo e’ a Ciampino con i medici a bordo. L’ambasciata italiana in Inghilterra sta anche cercando un’ambulanza per il trasporto dall’ospedale all’aeroporto. L’aereo, lo ripeto, e’ a Ciampino pronto a decollare. I medici e le attrezzature ci sono. L’equipe e’ pronta“.
I medici britannici
Dal canto loro, i medici brittannici hanno spiegato la complessità della situazione sia dal punto di vista umano che clinico. In una nota è firmata dal professor Russel Viner, presidente del Rcpch, che si rifiuta d’entrare per ragioni di riservatezza nel merito del caso specifico, limitandosi a descriverlo come una vicenda che “spezza il cuore dei genitori” e “coinvolge emotivamente medici e infermieri coinvolti.”
Mentre si sofferma sulle regole britanniche garantendo che nel Regno decisioni di questa natura “non vengono prese a cuor leggero”, ma entro “una cornice chiara e compassionevole” stando alla quale “l’interruzione del trattamento puo’ essere valutata” se: 1) il risultato di allungare la vita del bambino e’ ritenuto “impossibile o improbabile”; 2) il prolungamento della vita puo’ causare “dolore e sofferenze inaccettabili al bambino” in questione; 3) se un bambino malato gia’ maturo (older) con un’aspettativa di vita “limitata” afferma “ripetutamente di non volere piu’ le terapia e la sua decisione e’ sostenuta da genitori e medici”.
Nella nota si scrive che dilemmi del genere sono “frequenti” e nella maggioranza dei casi sono risolti concordemente con i genitori, mentre sui media trovano spazio quelli in cui vi sono posizioni discordi. “In situazioni difficili come queste ultime, e in mezzo a una pletora di voci e di opinioni, e’ importante che il pubblico sappia come tali decisioni sono prese”, conclude Viner.