L’avanzare dell’età pesa sulla schiena, soprattutto delle donne. E non solo perché sono spesso quelle che si fanno carico della gestione di molti problemi. Soventemente infatti, superati i 50 anni e una volta entrate in menopausa, la colonna vertebrale ne risente. Dalle stime ciò avviene ad una donna su tre, che percepiscono dolori, spesso invalidanti, a causa dell’instabilità delle vertebre che iniziano a scivolare l’una verso l’altra. Tuttavia, se presa in tempo la spondilolistesi, patologia della colonna caratterizzata dall’instabilità vertebrale, può essere trattata chirurgicamente con un impegno minimo per il paziente e tempi di guarigione molto rapidi.
“Le spondilolistesi possono essere congenite o acquisite – spiega Pier Vittorio Nardi, presidente del Cismer, Associazione di chirurgia italiana spinale mini-invasiva e robotica e responsabile della Chirurgia vertebrale dell’ospedale Cristo Re di Roma – In quest’ultimo caso colpiscono per l’80% il sesso femminile e sono legate alla fase post menopausa, in cui la colonna delle donne va incontro a delle oscillazioni“.
Il 30% delle donne che hanno superato i 50 anni presenta “queste alterazioni biomeccaniche delle vertebre che, se trascurate, possono portare a situazioni invalidanti. Lo slittamento da un primo dolore lombare può arrivare a provocare una sciatica bilaterale, fino a colpire -sottolinea l’esperto – il midollo e portare quindi alla paralisi. Se prese per tempo, invece, possono essere trattate per via percutanea con fissatori di colonna, con interventi chirurgici mini-invasivi”.
“L’intervento è semplice – prosegue Nardi – La durata è di circa 35-40 minuti, in anestesia spinale o generale. Vengono impiantate delle viti attraverso quattro buchi all’interno dei due segmenti di colonna che si muovono, collegati poi con delle barre in modo tale che le vertebre non vadano più incontro ad oscillazione. La vertebra che ha slittato viene richiamata alla sua posizione naturale e il dolore scompare. Nell’80% dei casi – assicura – il problema è risolto in via definitiva”.
E anche i tempi di ripresa sono rapidi: “Il giorno dopo l’intervento il paziente si alza – spiega Nardi – e il giorno dopo ancora torna a casa. Per il primo mese deve poi indossare un bustino leggero per favorire il consolidamento delle viti all’interno dell’osso, essendo spesso associata anche una componente osteoporotica”.
I vantaggi rispetto alle tecniche precedenti sono diversi. “Il tempo di durata dell’intervento è ridotto, l’invasività minima e il recupero rapidissimo, basti pensare che prima servivano 6-7 giorni di ricovero, Inoltre i materiali stanno diventando sempre più sofisticati. Per esempio, se il quadro di osteoporosi è molto importante, oggi grazie a queste viti possiamo anche cementare la vertebra per irrobustirla”.
Importante è però la diagnosi precoce. “Si può intervenire in modo percutaneo finché lo slittamento è nel primo grado, cioè di 4-5 mm, se è troppo avanzato bisogna aprire centralmente. Il consiglio, quando comincia la lombalgia recidivante sopra i 50 anni, è di farsi controllare per verificare che non ci sia uno slittamento. Prima si interviene – conclude – meglio è”.