Il cuore è imprevedibile, lo scompenso no: al via la campagna ‘I love life’

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Gli esperti lo descrivono così: una porta che si apre davanti a una scalinata. Scenderne i gradini significa avvicinarsi all’abisso. E’ questa l’immagine usata per raccontare la parabola dello scompenso cardiaco, nemico temibile e subdolo del cuore perché spesso agisce nell’ombra, pronto a punire chi abbassa la guardia.

Poco conosciuto, sottovalutato, sottodiagnosticato, nonostante sia la seconda causa di morte in Italia e colpisca quasi un milione di connazionali, causando circa 190 mila ricoveri l’anno e compromettendo la qualità della vita di chi finisce nella sua rete. “Ogni volta che un paziente viene ospedalizzato – avverte Michele Senni, direttore della Cardiologia 1 dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – scende un gradino procedendo lungo un percorso che rischia di avere un esito infausto.

Bisogna evitare che accada, puntare a fermare il paziente al piano, stabilizzarlo e impedire che continui la discesa. Ma spesso i malati non percepiscono tutto questo, perché non gli viene detto con chiarezza dal medico e perché spesso tornando dall’ospedale si sentono bene, anche se purtroppo non è vero. Per questo è importante educare le persone: non c’è cosa peggiore del paziente che non sa e non capisce la patologia.

In queste situazioni, infatti, il miglior medico è il paziente stesso”, quando è informato e consapevole. Un obiettivo a cui punta una nuova campagna presentata oggi a Milano, con il patrocinio del ministero della Salute. Battezzata ‘I love life’, l’iniziativa seguirà binari diversi ricorrendo a linguaggi che possano arrivare dritto al cuore del maggior numero di persone: dalla street art alla musica, passando per i social media. Pur senza dimenticare la centralità degli incontri e dei contributi scientifici.

Il messaggio? ‘Il cuore è imprevedibile, lo scompenso no. Curarlo si può, non lasciare andare la tua vita’. La campagna è un’iniziativa di Novartis dedicata a pazienti e caregiver: promossa con il patrocinio di Aisc (Associazione italiana scompensati cardiaci), prevede una serie di attività sul territorio nazionale e il lancio di una pagina Facebook dedicata, Ascolta il tuo battito. C’è anche una ‘mascotte’: si chiama Cino, un cuoricino rosso stilizzato che accompagnerà le iniziative in programma nel corso dell’anno.

“I passi avanti sono stati tanti, ma il messaggio che forse è passato è che di cuorenon si muore più e questo purtroppo non è vero – dice Senni – Vale in particolare per lo scompenso cardiaco, se pensiamo che il paziente stabile seguito nei nostri ambulatori, che sa di avere la patologia ed è tutto sommato tranquillo, ha una mortalità annua del 10% nei migliori centri italiani. Se poi viene ricoverato anche solo una volta durante l’anno, questa mortalità si triplica e diventa quasi del 30%. Significa che 1 paziente su 3 che ha uno scompenso e un ricovero purtroppo entro l’anno muore. Per capire la gravità del problema basta un confronto con il cancro: i dati 2017 mostrano che la mortalità” per scompenso “è superiore a tutti i tumori tranne quelli del polmone e del pancreas. E’ una malattia che uccide”.

Da un lato c’è la sottovalutazione dei sintomi, come un affanno o un senso di stanchezza che si tende a ricondurre all’età (la maggior parte dei pazienti è over 65) senza approfondire con il medico le possibili cause. Dall’altro l’inconsapevolezza sul fatto che, passato un episodio acuto, la patologia progredisce in silenzio, “anche in assenza di evidenti sintomi di peggioramento”, precisa lo specialista. E quando si arriva nella fase più avanzata la qualità di vita crolla.

“Ci sono pazienti che fanno fatica persino ad allacciarsi le scarpe”, evidenziano gli esperti. La posta in gioco è alta e la campagna si propone di far conoscere l’importanza della prevenzione e di rivolgersi tempestivamente a uno specialista per trovare insieme soluzioni che permettano di riprendere in mano la propria vita. I primi passi sono già stati mossi: a Milano, Roma e Palermo il debutto delle iniziative è stato anticipato da 3 opere d’arte sul tema cuore. La firma è quella degli street artist Elena Magenta, Daniele Tozzi e il duo Rosk e Loste. La pagina Facebook è ‘on air’: oltre a proporre informazioni e a permettere di condividere esperienze, farà da guida alle iniziative.

Dagli incontri di awareness ‘Cino Days’, già partiti da Torino con la partecipazione di 250 persone, fino ai tre eventi di sensibilizzazione in piazza già in programma: a Torino il 12 maggio, a Napoli il 16 giugno e a Verona il 29 settembre, in occasione della Giornata mondiale del cuore.

La sfida contro un cuore “che tende a dilatarsi e a diventare più simile a un pallone da calcio che non a uno da rugby, e quindi meno efficiente”, spiega Senni, è dunque interrompere la parabola discendente.

“Grazie alle recenti innovazioni terapeutiche oggi lo scompenso cardiaco può essere curato in maniera efficace – sottolinea Claudio Rapezzi, professore di Cardiologia del Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale Alma Mater, università di Bologna – Da un anno abbiamo una nuova arma a nostra disposizione, gli Arni (inibitori del recettore dell’angiotesina e della neprilisina), che rappresenta la prima novità da 15 anni a questa parte. Sono farmaci che vanno ad amplificare la funzione di sistemi neuro-ormonali in grado di produrre benefici clinici a lungo termine”. Studi clinici, continua Rapezzi che è a capo della Cardiologia del Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna, “hanno dimostrato come questa nuova classe di farmaci prolunghi la durata della vita con valori medi intorno a un anno e mezzo in un soggetto di 60 anni ma con punte fino a 2-3 anni in più rispetto alle terapie oggi disponibili”.

L’invito degli esperti è a non lasciarsi andare, “a non rinunciare per esempio all’attività fisica che può aiutare il sistema cardiovascolare in toto”, a coltivare la salute del proprio cuore tutti i giorni. Anche a tavola, “evitando l’eccesso di sale per esempio”, aggiunge Senni. Spesso i pazienti sono scoraggiati, racconta Maria Rosaria Di Somma, consigliere delegato di Aisc, ripercorrendo la sua esperienza di caregiver, “si siedono su una poltrona, dicono addio alle relazioni sociali. L’impatto è sulla famiglia intera”.

Un paziente consapevole, invece, “ha un dialogo più facile con il medico, assume un ruolo, fa sentire la sua voce anche sul mancato accesso alle terapie, crea un network con gli altri pazienti, riesce a gestire la sua vita. E noi sull’informazione stiamo insistendo molto. Non va però dimenticato che oltre la metà dei pazienti ospedalizzati a causa dello scompenso cardiaco subisce una seconda ospedalizzazione entro il primo anno. Sarebbe quindi auspicabile uno sforzo da parte della sanità pubblica per riconoscerla e trattarla come una patologia cronica sia durante il percorso di cura che di assistenza”.

“Quanto più riusciremo a lavorare insieme nello sforzo di conoscenza e di consapevolezza per i pazienti – conclude Angela Bianchi, Head of Communications & Public Affairs di Novartis Italia – tanto meglio faremo per loro e per i familiari, contribuendo anche a una sanità migliore”.

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