Approvato oggi in via definitiva dal Parlamento europeo il pacchetto sull’economia circolare. L’accordo, in sintesi, prevede il 65% di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani al 2035, con target intermedi del 55% al 2025 e 60% al 2030. Per gli imballaggi, invece, si prevedono target del 65% al 2025 e del 70% al 2030, con due sotto-obiettivi per gli imballaggi in plastica, che dovranno essere riciclati almeno per il 50% nel 2025 e per il 55% nel 2030. Per le discariche il target è fissato al 10% entro il 2035. Tutti questi target potranno essere rivisti nel 2024.
Dal 2023 sarà obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti di materiali organici (“bio-waste”), da avviare al compostaggio. La raccolta selettiva obbligatoria è prevista anche per i materiali tessili e per i materiali pericolosi nei rifiuti domestici (come vernici, pesticidi, oli e solventi). In linea con gli obiettivi Onu per lo Sviluppo sostenibile, nel pacchetto è previsto anche che vi sia un dimezzamento entro il 2030 degli sprechi alimentari lungo la catena di produzione, distribuzione e consumo, con obiettivi di riduzione obbligatori che saranno fissati nel 2023.
Per Legambiente si tratta di “un importante passo avanti rispetto all’attuale quadro normativo, che accelera la transizione verso l’economia circolare in Europa – commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani –Abbiamo insistito nei mesi scorsi sulla necessità di un quadro normativo ambizioso sulla riforma della politica europea dei rifiuti; questo risultato è stato raggiunto grazie alla determinazione del Parlamento, e in particolare della sua relatrice Simona Bonafè, a non cedere alle forti pressioni dei governi nazionali, a partire da quello tedesco“.
“Voglio sottolineare anche – aggiunge Ciafani – che è stata introdotta la norma che consente ai governi di vietare l’utilizzo di sacchetti di plastica senza incorrere nella procedura d’infrazione prevista invece dall’attuale normativa e che ha penalizzato finora le scelte avanzate del nostro Paese”.
Un’altra buona notizia, per Legambiente, è che l’Italia, rispetto a questo quadro, può davvero posizionarsi ai primi posti nell’Europa dell’economia circolare. Può infatti già avvalersi di tante esperienze di successo praticate da Comuni, società pubbliche e imprese private, che fanno della penisola la culla della nascente economia circolare europea. Dovrà, tuttavia, rivedere nei modi e nei tempi giusti la propria legislazione in materia: dalle norme sulle materie prime seconde, a quelle sul cosiddetto ‘end of waste’ e sulla semplificazione delle procedure autorizzative per promuovere il riciclo di quello che viene raccolto in modo differenziato ed evitare la beffa che parte di questi flussi tornino in discarica.
Economia circolare, via libera dal Parlamento Ue
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