Il WWF ricorda che prima di essere legno le foreste sono vita e che sono indispensabili per servizi ecosistemici legati al supporto e la regolazione dei cicli idrici, per generare ossigeno e catturare l’anidride carbonica. Che sono essenziali per l’assetto idrogeologico di una Paese fragile come l’Italia oltre che habitat pieni di biodiversità e quindi di vita. Il resto deve venire dopo.
Il WWF per anni si è battuto per dare un vero significato al termine “made in Italy” chiedendo che questo comprendesse solo l’attestazione di una produzione (intesa però in ogni sua fase e non solo nell’assemblaggio finale), ma anche la certificazione delle materie utilizzate. Benissimo dunque se si vogliono promuovere mobili italiani realizzati con legno italiano, purché però l’approvvigionamento della materia prima (cioè il legno) abbia un sistema di certificazione che attesti che i tagli vengano fatti in zone idonee, su piante selezionate e sostituite una volte abbattute.
Dire semplicemente che c’è troppa burocrazia per l’utilizzo del legno italiano, significa da un lato ignorare le eccellenze della produzione di legno certificato che anche nel nostro Paese ci sono, da un altro la delicatezza di un sistema forestale ancora oggi a rischio speculazione.
Dietro dunque uno slogan astrattamente condivisibile, mobili italiani con legno italiano, la risposta non sta nel taglio della burocrazia, ma nella gestione di una filiera produttiva virtuosa e sostenibile che deve rispondere ad un interesse pubblico prima ancora che ad interessi privati o di marketing.