L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo rapporto annuale rilasciato lo scorso anno, indica come nel 2016 il controllo della malaria non abbia mantenuto l’andamento in calo dimostrato fino al 2015 e ci sia stato un aumento dei casi in alcune aree del mondo.
Nel 2016 sono stati riportati 216 milioni di casi di malaria da 91 paesi del mondo con un aumento di 5 milioni rispetto al 2015.
Anche il numero di morti è aumentato da 438.000 nel 2015 a 445.000 nel 2016.
Questi dati preoccupano e creano allarme e insicurezza poiché sono il primo segno di difficoltà della campagna dell’OMS, dopo anni di esiti positivi con un andamento in continuo calo: nel 2005 moriva un bambino ogni 30 secondi con oltre 1 milione di morti, nel 2010 un bambino ogni minuto con 655.000 morti e nel 2015 un bambino ogni 2 minuti.
In alcune aree gli interventi di controllo previsti (la diffusione delle zanzariere impregnate di insetticida, l’uso di insetticida nelle abitazioni, la chemio-profilassi periodica nei bambini e nelle donne in gravidanza, l’uso dei test rapidi per la diagnosi) non riescono a essere applicati ove sarebbero più utili.
Nel 2016 solo il 50% della popolazione a rischio di malaria in Africa Sub-Sahariana riusciva a dormire sotto una zanzariera impregnata. In Africa solo il 34% dei bambini con sospetta febbre malarica riceve le cure mediche.
Questo ancora accade per difficoltà economiche e per eventi catastrofici ambientali (terremoti, uragani, alluvioni, siccità), ma l’aumento dei casi rilevato nel 2016 sembra essere dovuto alla diffusione di atti di guerra sia in alcune Aree dell’Africa che nella Regione Medio-Orientale.
Dal 2005 al 2015, i programmi e le strategie messe in atto hanno ottenuto buoni risultati con la riduzione del 75% dei casi in 57 paesi dove la malaria è diffusa. Questo ha portato a una riduzione globale del 37%. Tuttavia, i dati del 2016 indicano che la malaria ancora oggi, nonostante importanti aiuti economici, in particolare dalla Bill and Melinda Gates Foundation, sia al limite del controllo. L’OMS stima che ogni anno siano necessari almeno 6 bilioni di dollari (USD) per portare a termine il progetto Global Technical Strategy for Malaria 2016-2030 che prevede la riduzione dei casi di morte e di malattia per malaria del 40% entro il 2020, del 75% entro il 2025 e del 90% entro il 2030. In realtà nel 2016 sono stati stanziati 2.7 bilioni di USD.
La malaria è in continua evoluzione. In particolare la specie più mortale (Plasmodium falciparum) ha anche sviluppato resistenza ai più recenti farmaci derivati dall’Artemisia, nel Sud-Est Asiatico. Le zanzare Anopheles, formidabili vettrici dei plasmodi malarici, hanno sviluppato resistenza agli insetticidi.
Occorre quindi perseguire continue strategie di prevenzione e diffondere tali tecniche nei Paesi più poveri ed estendere l’interesse, la vigilanza e le capacità di diagnosi nei Paesi potenzialmente meno a rischio e soprattutto sui flussi di ritorno dalle aree a maggiore diffusione.
È una lotta a 360 gradi che insegna molto: dalla pace all’economia e al controllo delle malattie.
È questo il messaggio che AMCLI – Associazione microbiologi clinici italiani lancia in occasione della Giornata mondiale contro la malaria che si celebra ogni anno il 25 aprile.
“Noi italiani, come tutti gli europei, rischiamo la malaria solo quando ci rechiamo in zone a rischio per vacanza o per lavoro o per attività di volontariato. È fondamentale rivolgersi ai centri specializzati e seguire le indicazioni date da siti internet del nostro Istituto Superiore della Sanità http://www.epicentro.iss.it/
Per un viaggio in aree a rischio è fondamentale conoscere le precauzioni per diminuire il contatto con le zanzare vettore della malaria e definire con il medico di riferimento quale sia la profilassi farmacologica più corretta. È utile evitare il fai da te o seguire i consigli di chi è già stato in certe aree. Chi vive per almeno 5 anni in aree dove la malaria è diffusa (missionari, volontari o lavoratori o gli stessi immigrati) può acquisire uno stato di semi-immunità che comporta una diminuzione del rischio di evoluzione grave della malattia. Va ricordato che questa “difesa” viene persa dopo pochi mesi (massimo 1-2 anni) di residenza in area dove la malaria non esiste e quindi chi ritiene di essere semi-protetto quando ritorna in aree endemiche deve applicare le stesse indicazioni date in precedenza. Se dopo il rientro dal viaggio da aree a rischio, anche se si sono adottate le misure di prevenzione e profilassi adeguate, si dovessero avere sintomi simil-influenzali con febbre e brividi è importante non perdere tempo e rivolgersi ad un centro dotato di laboratorio e della figura di un infettivologo /microbiologo medico.
“Per l’AMCLI la malaria è l’unica vera urgenza in parassitologia, in poche ore (4-6) un soggetto può sviluppare una forma grave con elevato rischio di perdita della vita. La diagnosi è importante e oggi i microbiologi possono utilizzare diversi metodi dall’esame microscopico alla ricerca del DNA del parassita con tecniche di biologia molecolare” dichiara Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Ovest milanese.
La diagnosi parassitologica può essere utile anche in tutti i casi di febbre senza una chiara causa poiché la malaria può essere acquisita, anche se rarissimamente, da bagaglio dopo viaggio in zona endemica, da area aeroportuale, da contatti di sangue o in laboratorio. La malaria è così detta “criptica” poiché è difficile sospettarla senza chiari fattori di rischio.
Il Comitato di Studio della Parassitologia dell’AMCLI è impegnato dal 1990 a diffondere la conoscenza dell’epidemiologia, dei fattori di rischio e delle tecniche di diagnosi della malaria e di altre parassitosi.