Orso morto in Abruzzo, il Wwf: dagli esami emerge che si è trattato di una tragica fatalità

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Si è appreso dagli esami che l’orso marsicano deceduto in Abruzzo soffriva già di gravissime patologie, non ipotizzabili al momento della cattura e che la morte non è, quindi, imputabile primariamente alla procedura anestesiologica. L’animale era stato catturato dalla trappola collocata dal personale del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise nel tentativo di radiocollarare Mario, un orso confidente, per seguirne gli spostamenti e prevenire eventuali conflitti con la popolazione.
Pur confermando la validità degli attuali protocolli se correttamente interpretati e attuati, rimane tuttavia l’urgenza di minimizzare la necessità di ricorrere ad attività di questo tipo, mettendo in atto il prima possibile tutte le azioni necessarie per evitare di rendere gli orsi confidenti e quindi potenzialmente problematici, evitando di lasciare cibo a disposizione dei plantigradi nei pressi dei centri abitati e sensibilizzando sulla corretta custodia degli animali da cortile e dalla raccolta della frutta dagli alberi o delle carote a terra.
È altrettanto indispensabile definire e realizzare una strategia a più ampia scala, che permetta l’espansione della popolazione, incluse le femmine, tramite l’istituzione di nuove aree protette e la realizzazione di corridoi sicuri tra la varie aree protette esistenti, con un obiettivo ambizioso ma possibile: raddoppiare il numero di orsi marsicani entro il 2050.

Solo lavorando insieme, dai Parchi ai Comuni, dalle Regioni al ministero dell’Ambiente, dalle Associazioni ai singoli cittadini, ognuno per la propria parte, potremo salvare questa sottospecie unica al mondo e che rapprersenta un patrimonio del nostro Paese. Per questa ragione il WWF rinnova l’invito alle istituzioni affinché sia convocati al più presto gli Stati Generali dell’Orso bruno, finalizzati ad analizzare gli episodi avvenuti, verificare lo stato di conservazione e approfondire le modalità di gestione delle interazioni tra uomo e plantigrado.

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