Così lontani, eppure così vicini. Cosa hanno in comune lo spazio con la ricerca scientifica? Lo spiega Umberto Guidoni, classe 1954, primo astronauta europeo a visitare la Stazione spaziale internazionale. C’era anche lui fra gli ospiti che hanno partecipato oggi nel capoluogo lombardo alle celebrazioni del 90esimo compleanno dell’Istituto nazionale tumori (Int).
E agli occhi di un uomo innamorato da sempre dello spazio diventa visibile subito la prima coincidenza fortuita: “Una data, il 12 aprile”. In questo giorno del lontano 1928 si tagliava il nastro del vecchio Int. E in questa stessa data nel 1961, cioè 33 anni dopo, il cosmonauta Yuri Gagarin portava a termine la missione che lo avrebbe consegnato alla storia come il primo uomo a volare nello spazio, fa notare Guidoni. Ma è solo il primo dei fili che legano un punto della terra alle stelle.
“Pensiamo all’empatia – spiega l’esperto all’AdnKronos Salute – La ricerca medica, in particolare quella legata ai tumori, oltre all’aspetto scientifico e di cura deve guardare al ‘fattore umano’. Nello spazio è un po’ la stessa cosa: il successo di una missione è legato alla tecnologia ma anche alla sintonia dell’equipaggio”.
Si fa squadra in laboratorio, ma anche fuori dall’atmosfera terrestre. Oggi che la tuta è stata appesa al chiodo, racconta nelle scuole e nelle università di quello che per la sua generazione “è stato un sogno, realizzato da poche centinaia di persone e che in futuro – sottolinea l’astronauta – diventerà sempre di più un luogo di lavoro, e magari di residenza, ancora più avanti”. Quello che è certo è che c’è un laboratorio fluttuante sopra le nostre teste.
“Gli astronauti fanno loro stessi un po’ da cavie – osserva Guidoni – Quando sei in orbita subisci modifiche importanti come la perdita di tono muscolare, e di calcio nelle ossa. Il sistema immunitario diventa meno efficiente. E’ come quello che succede sulla Terra a chi ha problemi come l’osteoporosi, l’atrofia muscolare, o patologie immunodeficitarie. Lo studio nello spazio ci fornisce importanti dati per combattere le malattie sulla Terra. Non solo: l’assenza di peso, che è l’elemento in cui gli astronauti devono vivere in tutto il tempo in cui si trovano nella Stazione spaziale, viene utilizzata per sperimentare nuovi sistemi di analisi, in particolare nel settore della farmacologia sono diversi i progetti per testare farmaci nello spazio”.
E ancora, “molte tecnologie utilizzate per analizzare l’enorme quantità di dati da telescopi e sonde si basano su sistemi automatici che vanno a ricercare caratteristiche comuni in una moltitudine di informazioni. E’ così che sono stati scoperti pianeti fuori dal sistema solare. La stessa logica si applica all’analisi dei big data in medicina, dei dati da Tac e tomografie, per tirare fuori aspetti specifici legati a un particolare tumore e fare diagnostica preventiva. Sono analisi che per esempio permettono di ricostruire da informazioni che sfuggono all’occhio umano l’inizio di un cancro”. Insomma, lo spazio non è mai stato così vicino. Tornarci da turista? “Non so – chiosa Guidoni – I prezzi sono un po’ salati”.