“I dati del rapporto Ispra sulla presenza di pesticidi nelle acque mettono in luce una situazione sempre più preoccupante che contribuisce in maniera determinate all’inquinamento che ancora oggi grava su fiumi, laghi e falde. La contaminazione del 67 per cento dei punti monitorati nelle acque superficiali e di un terzo di quelle sotterranee conferma che la strada è ancora lunga, nonostante la crescita esponenziale dell’agricoltura biologica e di pratiche sostenibili che stanno dando un contributo importante alla riduzione dei fitofarmaci, al ripristino della biodiversità e alla salute dei suoli”.
Così Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente commenta i dati diffusi oggi dall’Ispra nel suo consueto rapporto sulla presenza di pesticidi nelle acque. Dati che evidenziano una presenza piu’ significativa di inquinanti nelle regioni settentrionali ed in modo particolare nella pianura padana veneta.
“Servono strumenti concreti di riduzione e eliminazione dei pesticidi al centro delle misure della nuova Politica agricola comunitaria (Pac) e dei Piani di sviluppo rurale – prosegue – ancora troppo incentrati sull’agricoltura conservativa che fa largo uso di queste sostanze”.
Legambiente sottolinea come sia sempre più evidente la presenza di miscele, con un numero medio di circa 5 sostanze e un massimo di 55 in un singolo campione. E proprio questo mix di inquinanti continua a rappresentare una grave incognita sui reali effetti dei pesticidi sulla salute e sull’ambiente nel lungo termine. Ed e’ per chiedere alternative concrete all’uso massiccio di queste sostanze, Legambiente annuncia che aderirà alla ‘Marcia stop pesticidi’, il corteo che si terra’ il 13 maggio a Treviso, Verona e Bolzano.
Anche perché, spiega ancora l’associazione ambientalista, la presenza di sostanze messe al bando da anni nei campioni analizzati dimostra la necessita’ di maggiori controlli su tutti i fronti, a partire proprio dai monitoraggi.
“L’aumento di ispezioni, testimoniato dall’ottimo lavoro portato avanti da Ispra con questo rapporto – aggiunge Angelo Gentili, responsabile Agricoltura di Legambiente – fa emergere con sempre maggiore chiarezza le criticità ancora presenti. Serve pero’ uniformare i controlli su tutto il territorio nazionale, attuando quanto previsto dalla legge 132 del 2016 per la protezione dell’ambiente, oltre che investire maggiormente su ricerca e innovazione per l’agroecologia, verso tecniche e metodi di produzione che riducano drasticamente la dipendenza dall’uso di prodotti fitosanitari. L’agricoltura di qualità, oltre al chilometro zero e alla sostenibilità della filiera, deve puntare a eliminare i pesticidi”.
Come sottolinea ancora Legambiente, la stessa politica agricola comunitaria da questo punto di vista non sembra accompagnare questo necessario cambiamento di rotta, vista la prevista riduzione dei fondi del 26% destinati allo sviluppo rurale, che invece potrebbe contribuire in modo determinante a questo cambiamento.
Così nel nostro Paese si continua a usare in modo indiscriminato una quantità enorme di prodotti fitosanitari, circa 130mila tonnellate all’anno, che contengono 400 sostanze diverse, nonostante da quattro anni sia entrato in vigore il Piano nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
All’interno del Pan – spiega ancora Legambiente – è urgente definire obiettivi chiari di riduzione e di eliminazione graduale di prodotti fitosanitari, a partire dai siti Natura 2000 e delle aree naturali protette. Fin da subito occorre bandire l’uso delle sostanze più pericolose, come il Glifosato e gli erbicidi, visto che esistono già valide alternative.