E’ una delle terapie a bersaglio molecolare che negli ultimi anni la ricerca ha messo in campo per la lotta a uno dei tumori più difficili che gli oncologi si trovano a fronteggiare, un ‘big killer’ responsabile ogni anno di oltre 1,6 milioni di morti nel mondo: il cancro del polmone, la cui tipologia non a piccole cellule (Nsclc) rappresenta circa l’85% dei casi.
Per l’inibitore Alk di seconda generazione alectinib arrivano nuovi dati positivi dallo studio di fase III ‘Alex’, diffusi oggi in anteprima da Roche, in vista della sua partecipazione al meeting 2018 dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) a Chicago, dove il colosso svizzero presenterà risultati relativi a 19 molecole e più di 180 abstract su oltre 13 diverse tipologie di tumore.
Dallo studio emerge che la mediana della sopravvivenza libera da progressione (Pfs) nei pazienti trattati con alectinib è più che triplicata rispetto ai pazienti trattati con la terapia standard di riferimento crizotinib: 34,8 mesi contro 10,9.
Alectinib è indicato per il carcinoma polmonare non a piccole cellule con alterazione del gene Alk, una forma tumorale molto aggressiva legata a un particolare riarrangiamento genico, che si presenta prevalentemente in pazienti giovani e non fumatori, con una prognosi particolarmente sfavorevole.
I più recenti progressi e risultati dello studio Alex mostrano che alectinib, come trattamento di prima linea, riduce significativamente il rischio di progressione della malattia o morte del 57% rispetto a crizotinib dopo 2 anni di monitoraggio in pazienti affetti da Nsclc metastatico Alk-positivi. I dati verranno approfonditi al congresso annuale dell’Asco, in programma dall’1 al 5 giugno.
Ma intanto Filippo de Marinis, direttore della Divisione di oncologia toracica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, spiega che “gli ultimi risultati emersi dallo studio Alex mostrano un sostanziale miglioramento nell’efficacia di alectinib, che triplica la mediana della sopravvivenza libera da progressione rispetto alla terapia standard. Sono risultati molto importanti perché dimostrano come il farmaco permetta di tenere sotto controllo la malattia per oltre 30 mesi, offrendo ai pazienti una soluzione più efficace e tollerabile, e allo stesso tempo consenta di superare l’approccio più comune di somministrazione sequenziale di farmaci biologici. In questo modo alectinib apre nuovi orizzonti per i pazienti, candidandosi a diventare un trattamento di prima linea”.
Sempre sul fronte della lotta al cancro del polmone, Roche ricorda di aver concentrato gli sforzi di ricerca e sviluppo anche nel campo dell’immunoterapia, approccio che mira a ripristinare l’attività del sistema immunitario contro il tumore.
Diversi studi esplorano le potenzialità offerte dall’anticorpo monoclonale anti PD-L1, atezolizumab, oggi indicato per il trattamento di pazienti affetti dal Nsclc localmente avanzato o metastatico e precedentemente sottoposti a chemioterapia, che – spiega l’azienda – potrebbe ottenere in futuro anche l’indicazione di trattamento di prima linea in aggiunta alla chemioterapia.
Sono infatti attualmente in corso 8 studi di fase III volti a valutarne l’efficacia nel trattamento in monoterapia e in combinazione con altri farmaci. La terapia con atezolizumab ha assicurato una maggiore sopravvivenza rispetto al trattamento con docetaxel, come dimostrato da due trial clinici internazionali: lo studio di fase II ‘Poplar’ e lo studio di fase III ‘Oak’, in corso di valutazione ai fini della rimborsabilità da parte di Aifa.
Quest’ultimo, in particolare, ha provato come l’utilizzo di atezolizumab in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico e precedentemente sottoposti a chemioterapia abbia portato a una sopravvivenza complessiva di 13,8 mesi, maggiore rispetto al dato di coloro a cui era stato somministrato docetaxel, pari a 9,6 mesi.
“I risultati dei due studi Poplar e Oak – commenta de Marinis – segnano un percorso di sviluppo importante specialmente per l’efficacia che atezolizumab ha dimostrato per la classe di pazienti negativi per PD-L1, che non hanno al momento alternative di trattamento. Allo stato attuale, si tratta del primo PD-L1 inibitore che è riuscito a dimostrare la sua efficacia in seconda linea mostrando sicuramente grande potenziale nel trattamento del tumore del polmone”.
All’Asco verranno poi presentati i risultati degli studi ‘IMPower 150’ e ‘IMPower 131’. Il primo è volto a valutare atezolizumab in combinazione con bevacizumab e la chemioterapia con carboplatino e paclitaxel in pazienti con Nsclc non squamoso, non trattati precedentemente.
L’analisi ad interim dei dati dello studio IMPower150, rilasciati oggi in anteprima, dimostra risultati positivi circa i tassi di sopravvivenza complessiva pari a 19,2 mesi rispetto ai 14,7 della terapia standard.
Lo studio IMPower 131, invece, ha valutato la somministrazione combinata di atezolizumab con la chemioterapia come trattamento di prima linea per pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato squamoso, fornendo nuovi importanti risultati – sottolinea l’azienda – in termini di sopravvivenza libera da progressione.
“Questi dati su due nuovi farmaci per il trattamento del carcinoma del polmone rappresentano un nuovo traguardo nella storia di Roche – dichiara Anna Maria Porrini, direttore medico di Roche – Questi risultati rappresentano il frutto del nostro continuo e duraturo impegno volto a migliorare le condizioni delle persone che convivono con questa importante patologia”.