Era il 2007 quando l’associazione Moby Dick, organizzava per la prima volta il premio letterario nazionale “Un ponte sul fiume guai” per dare la possibilità a chiunque lo volesse di raccontare la propria esperienza della malattia oncologia e del cambiamento di prospettiva esistenziale, in anni nei quali ancora si parlava poco di tumore e delle conseguenze psicologiche. L’idea era frutto del lavoro quotidiano svolto in ambito oncologico dai volontari dell’associazione, psicologi e psicoterapeuti uniti per accompagnare ed eliminare dal percorso la sofferenza inutile, quella che può essere alleviata da condivisione ed elaborazione. Il premio propone ai partecipanti di raccontare quando hanno capito di poter andare avanti, di narrare attraverso l’episodio che ritengono più significativo, com’è avvenuto il passaggio dalla comprensibile disperazione legata alla scoperta di una malattia oncologica alla coraggiosa rivalutazione del senso e del valore della vita quotidiana, a partire da quegli aspetti minimali che l’esperienza di malattia e la minaccia di morte permettono di valutare in modo nuovo. L’ottica è rivolta agli insegnamenti di vita che una malattia grave può lasciare, al di là della sofferenza.
“La scelta di un premio letterario è legata alla proprietà stessa della scrittura – afferma l’ideatrice del Premio la dr.ssa Raffaella Restuccia, psicoterapeuta – Scrivere permette di dar voce alla propria dimensione intima, è di per sé un atto terapeutico. Attraverso la scrittura esprimiamo sentimenti e pensieri. E il vederli espressi su un foglio impegna spesso a rileggerli e modificarli per renderli più chiari. Dover scegliere la parola che meglio descrive e fa capire all’altro – anche solo immaginato –quello che abbiamo provato, decidere se e come inserire la punteggiatura, dà un senso e un ordine. Spesso è sufficiente dare un nome a quello che si prova per sentirsi meglio, per non sentirsi “strani”. Il foglio diventa il contenitore delle emozioni e dei pensieri ed è condivisibile. Spesso chi vive o ha vissuto una malattia oncologica, da malato o da accompagnatore, ha difficoltà a parlarne. Per paura di provocare sofferenza o di non saper gestire la situazione preferisce tacere o parlare di altro. Questo fa aumentare il proprio senso di solitudine e di incomunicabilità, conseguentemente si allontana dagli altri perché non si sente compreso. Gli altri non riescono a leggerci dentro. Abbiamo scelto questo titolo ‘Un ponte sul fiume Guai’ perché tra le varie opzioni è il titolo che più di tutti ci ha fatto sorridere quando l’abbiamo pensato e tra i nostri obiettivi c’è proprio quello di raccontare sorridendo, trasmettendo fiducia, esperienze molto spesso associate solo a sofferenza e angoscia. Si parla troppo poco delle grandi conquiste che molti malati e familiari riescono ad ottenere e del valore che loro hanno attribuito al vivere ogni giorno al meglio. I racconti che abbiamo ricevuto in questi anni sono tanti, commoventi e istruttivi. Abbiamo imparato che ogni vita è unica e irripetibile e per questo preziosa e portatrice di una storia che se andasse dimenticata sarebbe, questo sì, un male inguaribile per la nostra società”.
Un ponte sul fiume Guai è giunto alla VI edizione e fino al 3 dicembre 2018 sarà possibile inviare il proprio racconto. La partecipazione è aperta a tutti proprio per stimolare la più ampia condivisione.
La Scuola di Scrittura Creativa Omero, offrirà come nelle passate edizioni la sua competenza letteraria per la valutazione degli scritti. L’iniziativa ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana quale Premio di Rappresentanza in ogni edizione. Patrocini VI Edizione: Regione Lazio, Roma Capitale, FedCP (Federazione Cure Palliative), CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), OMCEO (Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri di Roma), OPI Roma (Ordine Professioni Infermieristiche), Policlinico
Umberto I di Roma.
Con il Patrocinio morale della Fondazione Fabrizio De André Onlus.