Una chance in più per i pazienti della Regione Campania nell’ottica di opportunità di cura per numerose patologie, grazie in particolare alla disponibilità di farmaci biosimilari di seconda generazione il cui costo, notevolmente inferiore, consentirà importanti risparmi, con i quali sarà possibile offrire risposte terapeutiche ad un numero maggiore di pazienti rispetto a quanto oggi avviene. Nel 2017, in Campania, l’utilizzo di questo tipo di farmaci è stato solo del 18 per cento sul totale dei medicinali biosimilari in commercio, come rilevato da uno studio dell’Italian Biosimilars Group, realizzato in collaborazione con IQVIA. Un dato che tuttavia colloca oggi la Campania al sesto posto tra le Regioni italiane. Del contributo che i medicinali biosimilari offrono – e ancor più offriranno nel prossimo futuro – con maggiori opportunità di accesso alle cure per i pazienti anche grazie ai risparmi che sono in grado di generare, si è parlato oggi nel corso di una tavola rotonda istituzionale, promossa da Italian Health Policy Brief (IHPB), rivista di politica sanitaria impegnata a promuovere opinioni e confronti per una sanità sostenibile. All’evento hanno preso parte esponenti apicali della sanità della Regione, della comunità medico-scientifica, del mondo universitario e delle associazioni di pazienti, oltre ad economisti sanitari. Per inquadrare l’impatto positivo offerto dai farmaci biosimilari sul piano dell’economia sanitaria e quindi del loro contributo alla sostenibilità del nostro sistema sanitario, Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria all’Università di Roma Tor Vergata, ha elaborato, in collaborazione con il C.E.I.S. (Center for Economic and International Studies), uno studio secondo il quale l’uso attuale dei biosimilari in Italia permetterà nel 2018 una riduzione della spesa di oltre 116 milioni di euro. Un risultato, questo, assolutamente inferiore rispetto alle economie molto più consistenti che saranno possibili grazie alla prossima disponibilità dei farmaci biosimilari di seconda generazione che offriranno determinanti opportunità terapeutiche soprattutto nell’ambito delle malattie oncologiche e autoimmuni, anche se molte altre sono le aree terapeutiche interessate: in particolare diabetologia, gastroenterologia, dermatologia e reumatologia. Come è noto, il principio attivo di un biosimilare e quello del suo medicinale di riferimento, pur essendo di fatto la stessa sostanza biologica, possono presentare differenze minime dovute appunto alla loro natura biologica e alle tecniche di produzione ma questo non incide sulla loro efficacia e sicurezza. Per Ugo Trama, responsabile della U.O.D. 08 “Politica del Farmaco e Dispositivi” presso la Direzione Generale per la tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale «i farmaci biosimilari sono ormai una risorsa necessaria, indispensabile per il Sistema Sanitario Nazionale, che deve muoversi in un ambiente circoscritto, con vincoli di spesa, perché facilitano l’accesso alle cure, garantendo gli stessi standard di sicurezza e salute. E ovviamente sarà più ampia la fascia d’accesso di ammalati alle cure, con la possibilità di liberare risorse a settori come l’immunoterapia che hanno bisogno di parecchie investimenti». «E l’uso dei farmaci biosimilari – spiega il consigliere dell’Ordine dei Medici Mario Delfino – è importante anche in altre specializzazioni, coma la dermatologia, per esempio nella cura della psoriasi, patologia autoimmune con farmaci che costano parecchio al Sistema Sanitario Nazionale». Proprio in relazione agli aspetti qualitativi, Sabino De Placido, Ordinario di Oncologia medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, ha dichiarato che: «il ruolo del clinico nella scelta del biosimilare è cruciale, giacché spetta al medico la scelta della eventuale sostituzione di un farmaco originator con il rispettivo biosimilare in corso di cura, o la scelta di iniziare un trattamento con il biosimilare piuttosto che con il medicinale di riferimento. La produzione di farmaci biosimilari – ha proseguito il professor De Placido – avviene nel rispetto di rigidi requisiti di qualità, utilizzando metodi all’avanguardia, ed è fondamentale che tali medicinali soddisfino tutti i livelli di compatibilità con il proprio originator, per ottenere l’approvazione da parte degli enti regolatori». In relazione al delicato tema delle malattie oncologiche, Fabrizio Capuano, delegato della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariati in Oncologia (F.A.V.O) per la regione Campania ha sottolineato che «se la diffusione dell’utilizzo del biosimilare può aiutare a migliorare nel complesso l’offerta di servizi, i pazienti e le loro associazioni certamente daranno il loro contributo, anche alla luce dell’ultima norma sul consenso informato, per migliorare la perfomance d’utilizzo del biosimilare; è, però, fondamentale, che venga assicurata la garanzia assoluta sulla qualità del prodotto che viene offerto ai pazienti e sulla sua efficacia». Va detto poi che un recente studio prospettico pubblicato da IQUVIA ipotizza che, a livello nazionale, nel periodo 2017 – 2022 il risparmio complessivo potrebbe assestarsi intorno ai 450 milioni di euro grazie ad una riduzione dei prezzi pari a circa il 30%.
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Accesso alle cure: in Campania con i farmaci biosimilari il risparmio può essere di svariati milioni di euro l’anno
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