“Il nostro Paese ha bisogno di tante cose“, ma all’Italia della ricerca ce n’è una che servirebbe più di altre e non sono i soldi: “Certo c’è necessità di risorse, però urge soprattutto un’Agenzia centrale che identifichi le priorità, che detti linee e direttive, che indirizzi la destinazione dei fondi cercando di valorizzare il più possibile l’esistente e di implementare progetti futuri”.
Francesco Lo Coco, ordinario di Ematologia all’università di Roma Tor Vergata, lancia il suo appello al nuovo Governo in occasione del Congresso dell’European Hematoloy Association-Eha, che si chiude domenica 17 giugno. Nella sessione plenaria del summit, lo scienziato ha ricevuto l’edizione 2018 del ‘José Carreras Award’ – voluto dal tenore spagnolo sopravvissuto a una leucemia che lo colpì alla fine degli anni ’80 – per lo studio che ha portato a oltre il 90% le chance di guarigione dei malati con leucemia acuta promielocitica.
Un tumore del sangue che, proprio grazie alle ricerche di Lo Coco, oggi è curabile senza chemio e in modo mirato combinando acido retinoico e triossido d’arsenico. Il mix va a colpire solo le cellule cancerose, risparmiando quelle sane e minimizzando il rischio di effetti collaterali.
“Accolgo con onore questo riconoscimento – commenta lo specialista – come una nuova e prestigiosa conferma del valore dell’ematologia italiana: per produzione scientifica siamo primi nel Paese, secondi nel mondo dietro agli Stati Uniti, e negli anni siamo stati premiati a livello internazionale con grande continuità”.
Solo guardando all’Eha, prima di Lo Coco si sono meritati la José Carreras Lecure Lucio Luzzatto nel 2002 e Brunangelo Falini nel 2010.
Ma l’eccellenza va sostenuta, riflette l’esperto. “In Italia pare che tutti ne siano consapevoli – osserva – Tutti lo dicono, e tuttavia nessuno vara provvedimenti volti a canalizzare i rivoli di microfinanziamenti” secondo logiche di merito decise da una regia coordinata. Lo Coco la invoca e lo fa anche da cervello tricolore rientrato in patria.
“Nella mia carriera ho fatto un’importante esperienza all’estero – ricorda – Per 2 anni mi sono formato alla Columbia University di New York” con un maestro d’eccezione come Riccardo Dalla Favera, italiano che dal 1989 vive nella Grande Mela dove ha fondato e dirige l’Institute for Cancer Genetics della Columbia.
“Decisi di rientrare e il perché l’ho spiegato bene in un’intervista rilasciata a ‘La Sicilia’” che, dopo il premio Guido Venosta assegnato dall’Airc all’ematologo nel 2016, celebrava un isolano illustre: “Pur avendo la possibilità di fermarmi negli States, sentivo che avrei potuto fare carriera e buona ricerca anche in Italia. Così è stato, anche se gli sforzi necessari a emergere furono di gran lunga maggiori di quelli che avrei dovuto fare negli Usa. Non mi riferisco alla quantità di lavoro, ma allo spreco di energie che ci costa la lotta contro stupidi legacci burocratici, penuria di mezzi e mancanza di organizzazione“. Problemi duri a morire. Fra le cause di un’emorragia di cervelli che, a differenza di Lo Coco, raramente ritornano.