Le nuove frontiere della medicina sono realtà presso il I Policlinico, Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli. Un team di eccellenza, coordinato dal direttore dell’U.O.C. Maxillo Facciale, Gianpaolo Tartaro e composto dalle équipe del chirurgo oncologo demolitore, prof. Giuseppe Colella e da quella del chirurgo plastico ricostruttore, prof. Raffaele Rauso, insieme per eseguire interventi di microchirurgia al volto: operazioni delicate e di altissima precisione, realizzate grazie a programmazioni pre-operatorie di ultima generazione effettuate solo da poche strutture in tutta Italia, in particolar modo al Sud.
“La microchirurgia è una branca della chirurgia ricostruttiva che richiede un lavoro su superfici molto ristrette e l’utilizzo di speciali microscopi operatori: applicata all’area del volto consente ai pazienti di riprendere subito le funzionalità e mantenere una buona qualità della vita ripristinando l’estetica dei tessuti affetti da tumore” spiega Raffaele Rauso, chirurgo plastico e maxillo-facciale dell’U.O.C. di chirurgia maxillo facciale dell’università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” a Napoli.
Chirurgo ricostruttore e oncologo lavorano in contemporanea, con le rispettive équipe, per ripristinare le funzionalità e l’estetica del volto grazie a un approccio all’avanguardia che consente al paziente di tornare, dopo un unico intervento, a condurre una vita normale: a beneficiarne sono pazienti affetti da tumori nell’area testa-collo o quelli con esiti di fratture, anche già operati ma con risultati non soddisfacenti.
“Il volto è una zona particolarmente delicata: anche tumori di piccole dimensioni possono sfigurarlo e compromettere funzionalità importanti, oltre a pregiudicare in modo importante la vita sociale per le alterazioni facciali post-chirurgiche – dice il professor Rauso -. I progressi eseguiti in campo ricostruttivo permettono di ripristinare la qualità della vita del paziente: grazie a un particolare software, il chirurgo oncologo e il ricostruttore pianificano pre-operatoriamente l’area anatomica da rimuovere (ove è presente il tumore) e stabiliscono esattamente come rimodellare l’area anatomica che verrà prelevata per ricostruire il deficit lasciato dalla rimozione del tumore. Tutto ciò garantisce istantaneamente, ed in maniera precisa di ricostruire forma e funzione del corpo in zone dove fino a pochi anni fa era inimmaginabile. Grazie alla microchirurgia oggi si può condurre una vita normale”.
È il caso di un uomo di 53 anni a cui è stata ricostruita la mandibola, asportata a causa di un tumore: “Si tratta di un intervento molto complesso di microchirurgia – prosegue il dottor Rauso -. Il team, coordinato da me per la parte ricostruttiva e dal prof. Colella per la parte demolitivo oncologica, ha eseguito in contemporanea l’intervento per asportare il tumore, un carcinoma squamoso, e ricostruire contestualmente la mandibola, prelevando un lembo di fibula (tibia) in modo meticoloso e preciso fin da subito. Su indicazione dell’oncologo è stata rimossa la mandibola, poi l’osso asportato è stato sostituito con uno nuovo, ricavato dall’osso dalla gamba dello stesso paziente”.
Grazie a un software di ultima generazione, è stato possibile pianificare al computer la ricostruzione della mandibola in base alle informazioni date dall’esame Cone Bean della mandibola stessa, nonché dalla angio-CT della gamba del paziente. Questa attenta pianificazione pre-operatoria computerizzata ha permesso di ricostruire la nuova mandibola esattamente delle dimensioni necessarie: “Le indagini strumentali pre-operatorie permettono al software di realizzare delle dime chirurgiche che consentono un taglio preciso della porzione ossea da ricostruire, rispettando i vasi sanguigni da prelevare. La microchirurgia consiste nel trasferimento di tessuto da una sede anatomica all’altra, ma tutto ciò necessita anche una “connessione”, chiamata anastomosi, tra arteria e vena ricevente e donatrice: la nuova mandibola è stata impiantata in sede, congiungendo i vasi sanguigni di quest’ultima con quelli del collo. Si tratta di un trapianto a tutti gli effetti: è un intervento delicato perché bisogna essere certi che tutto funzioni in modo impeccabile. Si lavora con microscopi ad altissima risoluzione, la precisione deve essere estrema per garantire che il circuito funzioni, prendendo almeno due vene oltre all’arteria, assicurandosi l’entrata e l’uscita del sangue, ossia la vascolarizzazione del lembo. Fin da subito, sono state mantenute intatte le funzionalità della mandibola, in particolare masticazione e l’apertura della bocca: fino a pochi anni fa non sarebbe stato possibile riuscirci in maniera così precisa” conclude Rauso.