Sono tracce del passato nel nostro Dna. “I retrovirus endogeni (Hervs) costituiscono circa l’8% del genoma umano. Hanno infettato le linee germinali dei nostri progenitori durante l’evoluzione e per la maggior parte sono quiescenti”.
Questi ‘antenati’ sono finiti sotto la lente di un team di scienziati italiani, impegnato a mettere in ordine i pezzi di un puzzle molto intricato nella speranza di svelare i misteri della sclerosi laterale amiotrofica (Sla). E’ Leonardo Sechi dell’Università di Sassari a spiegare gli obiettivi del progetto di base ‘Irkals’, da lui coordinato, vincitore della Call Arisla 2017 e finanziato dalla Fondazione anche grazie alle donazioni del 5×1000.
I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista ‘European Journal of Neurology’. L’indagine si è concentrata sul coinvolgimento degli Herv-K, retrovirus endogeni umani (residui di infezioni retrovirali che si sono verificate nei nostri antenati), incorporati nel nostro Dna. La loro riattivazione è stata osservata in quantità elevate in una parte dei pazienti con Sla.
“Diversi autori – illustra Sechi – hanno messo in evidenza una riattivazione del retrovirus endogeno Herv-K nei pazienti Sla ipotizzando un ruolo patogenetico. Il nostro studio è andato ad osservare se ci fosse una risposta immunitaria contro la proteina ‘env’ di diversi Hervs (fra cui Herv-K e Herv-W) sia nel sangue periferico, sia nel sistema nervoso centrale (liquor)“.
Risultato: “Abbiamo osservato come ci siano anticorpi contro Herv-K nel sangue periferico e nel sistema nervoso centrale nei pazienti Sla, e non nei controlli sani o nei pazienti affetti da altre malattie quali la Sclerosi multipla. In questi ultimi pazienti abbiamo, invece, confermato che una risposta immunitaria è presente contro Herv-W”.
Lo studio Irkals, sostenuto anche dall’Associazione Viva la Vita onlus, fa un passo avanti nella conoscenza della grave malattia neurodegenerativa che conta circa 6 mila pazienti in Italia. Un altro obiettivo che si pone è quello di verificare se i livelli delle sequenze trascritte di Herv-K e la risposta immunitaria contro il retrovirus nel sangue o nel fluido spinale possano essere utili come biomarcatori per monitorare la progressione della malattia.
“E’ ancora da valutare se la riattivazione di questi retrovirus endogeni sia una conseguenza della malattia o una concausa. Nel primo caso – aggiunge Sechi – il monitoraggio dell’espressione retrovirale e della risposta immune contro gli stessi potrà avere un valore prognostico sull’evoluzione della malattia, nel secondo caso si potranno utilizzare le terapie antiretrovirali per inibire l’espressione retrovirale e migliorare lo stato di Salute del paziente. A questo proposito negli Usa è già in corso un trial clinico condotto dal professor Nath del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (Ninds)”.
La ricerca tricolore sulla malattia continua: negli ultimi anni, gli studi finanziati dalla Fondazione Arisla hanno contribuito, tra gli altri, all’identificazione di 6 dei 9 nuovi geni coinvolti nell’insorgenza della Sla, ricorda l’ente in una nota. Sono stati avviati 4 progetti di ricerca tecnologica per migliorare la qualità di vita delle persone con Sla e dei loro familiari ed è stato possibile attivare 4 trial multicentrici, che hanno favorito la creazione di un network di 25 centri clinici d’eccellenza distribuiti su tutto il territorio nazionale.
L’Italia, ricorda la fondazione, si colloca come la seconda comunità scientifica al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di pubblicazioni in ambito Sla. Le donazioni 5X1000 della campagna 2018, annuncia Arisla, “saranno destinate a sostegno dei ricercatori che risulteranno vincitori della ‘Call for Projects 2018’ e che si porranno l’obiettivo di accrescere la conoscenza della malattia, traslando efficacemente i risultati della ricerca dal laboratorio alle persone con Sla e migliorarne la qualità di vita”.
Ad oggi Arisla ha investito in attività di ricerca oltre 11,4 milioni di euro, ha sostenuto 68 progetti di ricerca scientifica di base, traslazionale, clinica e tecnologica, supportando nell’impegno quotidiano nella lotta alla malattia 125 gruppi di ricerca e oltre 260 ricercatori su tutto il territorio nazionale.