Cosa sappiamo del solstizio d’estate in Italia? La religione cristiana, consapevole sempre più dell’importanza di questo giorno, decise di sostituire i riti pagani, che spesso prevedevano l’accensione di fuochi per tenere a bada demoni e spiriti maligni, con la festa di San Giovanni Battista, il 24 giugno.
La svolta cristiana fece si che alle feste solstiziali si sovrapposero quelle dei due Giovanni: San Giovanni Battista, per il solstizio estivo; San Giovanni Evangelista per quello invernale.
La non coincidenza tra 21 e 24 giugno è dovuta a diversi fattori: innanzitutto, al fatto che, in epoche remote, i calendari non facevano riferimento al sole ma alle stelle fisse, dunque sempre alle stesse costellazioni nonostante il moto di precessione. Le celebrazioni solstiziali duravano più giorni. In effetti la percezione del sole allo Zenith permane per 3-4 giorni. Il fatto che la Chiesa abbia scelto proprio i giorni delle feste solstiziali per ricordare due tra i Santi più importanti è indice di quanto fossero profondamente radicati quei culti nelle popolazioni.
San Giovanni Battista, d’altronde, è l’unico Santo del calendario di cui si festeggia la nascita e anche la morte, il 29 agosto (San Giovanni Decollato).
Il dies natalis è fittizio, fissato nel IV secolo quando la Chiesa cristiana del tempo, per contrastare le feste pagane, scelse il dies natalis di Cristo il 25 dicembre.
A Roma quel giorno si festeggiava il Natalis Solis Invicti (dedicato alla nascita del Sol Invictus). Di conseguenza fu fissato al 24 giugno quello di San Giovanni.
Riti, tradizioni e leggende
Il periodo del solstizio d’estate è un giorno carico di riti, tradizioni e interessanti leggende. In ogni paese della Valnerina, fino a qualche anno fa, la sera del 23 giugno si raccoglievano fiori ed erbe profumate che venivano messi a bagno nell’acqua di un catino.
L’acqua profumata, resa prodigiosa dagli influssi lunari della notte di San Giovanni, veniva usata per lavarsi la mattina della festa con lo scopo di preservare il corpo dalle malattie. La stessa funzione veniva svolta dalla rugiada, raccolta anch’essa goccia su goccia per detergersi.
Le leggende, si sa, nascono in territori misteriosi, tramandandosi di voce in voce, arricchendosi secolo dopo secolo. Una leggenda italiana si svolge a Capri, in Campania. Si narra che una perfida maga, invidiosa dell’armonia che regnava a Capri, impose un maleficio sul re e sul principe, trasformandoli, rispettivamente, in ranocchio e lucertola azzurra. Proprio nel giorno del solstizio d’estate, una fanciulla stupenda, anch’essa vittima di un sortilegio e trasformata in una falchetta, commossa dallo sguardo malinconico della lucertola azzurra, la prese fra le zampe, prendendo il volo verso il Sole. Entrambi vennero liberati dal maleficio, ritornando all’isola, accompagnati da una luce abbagliante, segno della ritrovata felicità, liberando dal sortilegio anche il re. Ancora oggi a Capri il solstizio d’estate è un giorno di festa e da questa leggenda sono nate linee di gioielli molto note sull’Isola.
Una famosissima leggenda si svolge nel castello di Montebello che, nei secoli, è stato un luogo strategico per la difesa del territorio, tanto che la sua storia è costellata da sanguinose battaglie. Il nome “Montebello”, infatti, deriva dal nome romano “mons bellum” (monte della guerra). Diverse famiglie si sono succedute nel castello, ampliandolo, modificandone la torre di vedetta romana, sino a rendere la costruzione sempre più imponente e suggestiva. Non stupisce che tale luogo, così antico e ricco di avvenimenti, porti con sé una storia di fantasmi: la leggenda di Guendalina Malatesta, detta Azzurrina. La fanciulla, figlia di un certo Ugolinuccio, signore di Montebello, alimenta una leggenda popolare molto conosciuta in Romagna, tramandata oralmente per tre secoli, venendo di volta in volta distorta, ampliata, abbellita sino a che, nel 600, un parroco della zona la mise per iscritto assieme ad altre leggende e storie popolari della bassa Val Marecchia.
Guendalina era albina, cosa che, secondo la superstizione popolare del tempo, era collegata ad eventi di natura magica se non diabolica. Per questo motivo, il padre aveva deciso di farla sempre scortare da un paio di guardie, non facendola mai uscire di casa per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare. La madre le tingeva ripetutamente i capelli con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili. A ciò si univa la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, conferendo alla bimba riflessi azzurri che ne originarono il soprannome di Azzurrina. La leggenda narra che il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d’estate, mentre Azzurrina giocava nel castello di Montebello con una palla di stracci, fuori infuriava un temporale. Era vigilata da due armigeri di nome Domenico e Ruggero. Secondo il resoconto delle guardie, la bambina inseguì la palla caduta all’interno della ghiacciaia sotterranea. Avendo sentito un urlo le guardie accorsero nel locale, entrando dall’unico ingresso ma non trovarono tracce della bambina. Il suo corpo non venne più ritrovato. La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia rimasto intrappolato nel castello e che torni a farsi sentire nel solstizio d’estate di ogni anno lustro (cioè che finisce per 0 e 5).
Un’altra leggenda racconta che nella notte del solstizio estivo il Sole e la Luna si sposano. Numerosi sono i riferimenti all’acqua e al fuoco: l’acqua che San Giovanni utilizza per battezzare i nuovi fedeli e il Cristo stesso; l’acqua in cui si fa cadere l’albume dell’uovo per trarre auspici sul futuro matrimonio di cui le giovani ragazze in età da marito si preoccupavano. Si dice che la prima acqua attinta al pozzo la mattina del 24 mantiene buona la vista; che recarsi all’alba sulla riva del mare per bagnarsi preserva dai dolori reumatici; mentre un’altra leggenda tramanda che, vicino al Noce di Benevento ci fosse un laghetto o un torrente in cui le donne si bagnavano proprio in questa notte, per aumentare la loro fertilità. E poi c’e’ la famosa rugiada; “la guazza di Santo Gioanno fa guarì ogni malanno”; per cui ci si sveglia all’alba del 24 per gettarsi nude sull’erba affinché la rugiada propizi figli belli e sani. Ci si può anche bagnare il viso per diventare più belle; oppure la si raccoglie in una boccetta per usarla negli incantesimi d’amore. Non solo l’acqua ma anche il fuoco ha tantissimi usi, tra cui quello di mantenere viva la potenza solare nonostante il sole sia destinato a “perire” tanto che anticamente (ed ancora oggi, in molti paesi dell’est Europa), la notte precedente al solstizio si accendono grandi falò, radunandosi intorno ad essi per ballare e mangiare, dando fuoco ad alcune ruote di legno fatte rotolare giù dalle colline come gesto apotropaico per mantenere vivo il potere del sole. Il fuoco, in combinazione con le erbe sacre (iperico, ruta, lavanda, verbena ecc), propiziava fortuna e abbondanza.