Tempi più brevi, ma stesa efficacia: nelle donne con un tumore al seno allo stadio iniziale del tipo Her2 positivo, circa il 15% delle pazienti, la terapia prevista con l’anticorpo trastuzumab ‘accorciata’ a soli sei mesi di somministrazione ha dimostrato di avere la stessa efficacia della medesima terapia somministrata per il periodo ritenuto fino ad oggi standard di 12 mesi, ma con molti meno effetti collaterali a partire da quelli sul cuore. Lo spiega uno studio dell’Università di Cambridge presentato al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco).
Lo studio di fase III ‘Persephone’, su un campione di 4.088 pazienti con cancro al seno Her2 positivo, ha dunque dimostrato che la terapia accorciata di 6 mesi con la molecola indicata è efficace allo stesso modo della somministrazione per l’intero periodo di 12 mesi: il tasso di sopravvivenza libera da malattia a 4 anni dalla diagnosi è risultato infatti pari all’89,4% con 6 mesi di terapia e all’89,8% con 12 mesi di terapia.
Inoltre, solo il 4% delle donne cui e’ stata somministrata la terapia accorciata ha dovuto interrompere la cura con trastuzumab a causa degli effetti legati a problemi cardiaci rispetto all’8% delle pazienti sottoposte alla terapia di 12 mesi.
“Siamo entusiasti di questi risultati – ha affermato la prima autrice dello studio Helena Earl, docente di Oncologia clinica all’Università di Cambridge -. Siamo fiducioso che questo studio segnerà i primi passi verso la riduzione standard della durata del trattamento a 6 mesi per molte donne con questa forma di cancro”.
L’uso dell’anticorpo trastuzumab, ha sottolineato il presidente dell’Asco Bruce Johnson, “ha rappresentato un grande avanzamento per le donne con cancro al seno Her2 positivo aumentando il tasso di guarigione, ma nessun trattamento è privo di effetti collaterali ed il danno cardiaco è sempre stata una preoccupazione legata a questa terapia. Ora, questo nuovo studio dimostra che un trattamento più corto garantisce gli stessi benefici di un trattamento standard più lungo, ma con molti meno rischi. Questa – ha concluso – è una doppia vittoria per le pazienti che stanno ricevendo questa terapia molto comune”.