Cos’è il tumore della tiroide e cosa lo provoca: ecco le cause e i sintomi più comuni, come si cura e chi è a rischio

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Il tumore della tiroide è provocato dalla crescita anomala di un gruppo di sue cellule, e può essere sia benigno sia maligno (in questo caso si parla più propriamente di cancro).

Il cancro della tiroide non è molto comune, poiché costituisce l’1-2% di tutti i tumori, con un’incidenza di 4,1 casi ogni 100.000 abitanti per gli uomini e 12,5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti per le donne. Secondo stime del Registro tumori italiano, nel 2012 sono stati diagnosticati 3.200 tumori tiroidei nei maschi e 10.900 nelle femmine.

La sopravvivenza è molto elevata (oltre il 90% a 5 anni dalla diagnosi nelle forme differenziate).

Cos’è la tiroide

La tiroide – spiega in una scheda di approfondimento l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro – è una ghiandola posta nel collo, appena sotto la cartilagine tiroidea (il cosiddetto pomo d’Adamo). Ha la forma di una farfalla con le due ali poste ai lati della laringe. Le due ali costituiscono i lobi della tiroide, mentre la parte centrale che le congiunge è detta istmo.

La tiroide è una ghiandola endocrina: ciò significa che produce degli ormoni, detti ormoni tiroidei, che entrano nel circolo sanguigno e hanno la funzione di regolare il metabolismo, ovvero la modalità con cui l’organismo utilizza e consuma le sostanze nutritive e altre funzioni come per esempio la regolazione del battito cardiaco e della temperatura corporea.

La tiroide produce gli ormoni solo se stimolata a sua volta dal rilascio di un altro ormone, il TSH (od ormone tireostimolante) che viene prodotto dalla ghiandola pituitaria, posta nelle parti più profonde del cervello. Gli ormoni tiroidei inglobano al loro interno alcune molecole di iodio, che è quindi un elemento fondamentale per la loro produzione. La ghiandola può, in caso di malattia, produrre un eccesso di ormoni (si parla di ipertiroidismo) o viceversa esserne carente (ipotiroidismo).

Tipologie

La forma più comune di tumore della tiroide si manifesta a carico delle cellule follicolari che producono la maggioranza degli ormoni tiroidei.

Tutte le forme di cancro a carico di ghiandole prendono il nome di adenocarcinomi: nel caso della tiroide si può avere un adenocarcinoma papillare (oltre il 75% dei casi) oppure follicolare (circa il 15%).

Vi sono poi forme tumorali a carico delle cellule parafollicolari (vicine a quelle che producono gli ormoni) dette carcinoma midollare della tiroide (meno del 5% dei casi).

Una forma particolarmente aggressiva, ma per fortuna rara (meno dell’1% dei carcinomi tiroidei), è il cosiddetto carcinoma anaplastico della tiroide che dà precocemente metastasi a distanza.

Negli altri casi si tratta di tumori di origine linfatica (linfomi) o dai tessuti muscolari o cartilagenei che circondano la ghiandola (sarcomi) o infine tumori metastatici, che originano quindi da altri organi.

Evoluzione

I cancri avanzati della tiroide possono invadere le strutture circostanti (laringe, esofago, trachea) causando difficoltà di alimentazione o di respirazione, ma si tratta di eventi molto rari data la crescita lenta che li caratterizza.

Le metastasi ai linfonodi del collo e del mediastino  sono particolarmente frequenti soprattutto nei carcinomi papillari e midollari (fino al 50%).

Per classificare l’estensione di un tumore si usa il sistema TNM, che si basa sulla dimensione del tumore stesso (T), sulla presenza o assenza di linfonodi coinvolti (N) e sulla presenza o assenza di metastasi a distanza (M).

Sulla base dei parametri TNM è quindi possibile stabilire anche lo stadio di un tumore della tiroide: nella forma papillare o follicolare in un paziente di età inferiore a 45 anni si prevedono due stadi di gravità crescente; al contrario in una persona con più di 45 anni gli stadi sono quattro, come nella maggior parte dei tumori.

Il carcinoma midollare prevede quattro stadi di gravità crescente indipendentemente dall’età del paziente.

Il carcinoma anaplastico, data la sua aggressività, viene sempre classificato al quarto stadio di gravità.

Sintomi

Il sintomo più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all’interno della ghiandola, che si sente tra le dita se si tocca il collo in corrispondenza dell’organo.

Non tutti i noduli tiroidei nascondono però forme di cancro, anzi: spesso sono il segno della cosiddetta iperplasia tiroidea, ovvero una forma benigna di crescita ghiandolare. Si stima che meno del 5% dei noduli tiroidei nasconda effettivamente un tumore.

I noduli possono essere più d’uno o il cancro può manifestarsi con una massa imponente a livello del collo, sia in corrispondenza della tiroide sia in corrispondenza dei relativi linfonodi.

Disturbi degli ormoni tiroidei come ipo o ipertiroidismo si manifestano solo nelle forme avanzate della malattia, per fortuna molto rare.

Diagnosi

Una volta individuato un nodulo, in genere il medico prescrive una serie di esami per misurare gli ormoni tiroidei nel sangue (fT3, fT4, calcitonina, HTG, anticorpi antiHTG) e il TSH, ovvero l’ormone che regola il funzionamento della tiroide: questo per valutare un’eventuale modificazione patologica dei livelli ormonali che in genere è indice di una patologia di tipo infiammatorio o autoimmune più che tumorale.

La scintigrafia tiroidea è un esame specifico per valutare il corretto funzionamento della tiroide ed è eseguito grazie alla somministrazione di iodio radioattivo. Lo iodio viene inglobato dalle cellule che producono gli ormoni. I noduli ricchi di iodio radioattivo appaiono alla scintigrafia intensamente colorati (i cosiddetti noduli “caldi”). Se invece il nodulo non ingloba lo iodio si definisce nodulo freddo.

Oggi l’esame più semplice e specifico per studiare la tiroide è l’ecografia, che permette di identificare i rapporti del nodulo con la ghiandola tiroidea, i tessuti circostanti e le loro caratteristiche. In presenza di un nodulo sospetto si può eseguire un esame citologico ecoguidato, che consiste nel prelievo di materiale cellulare del nodulo nel corso di un’ecografia controllando la corretta posizione dell’ago introdotto attraverso la cute.

Un ulteriore approfondimento diagnostico può essere ottenuto con una TC o una risonanza per studiare meglio le caratteristiche del nodulo, della ghiandola, i suoi rapporti con le strutture del collo e del mediastino (la ghiandola tiroidea tende a scendere nella parte superiore del torace, il mediastino) e lo stato dei linfonodi del collo.

Come si cura

ipotiroidismoPer la cura del tumore della tiroide, la chirurgia è il trattamento di scelta. In genere si preferisce asportare tutta la ghiandola.

Un piccolo carcinoma papillare o follicolare della tiroide può essere curato con un intervento conservativo  di lobectomia e istmectomia, cioè l’asportazione del solo lato coinvolto e del tratto di tiroide che unisce i due lobi.

I linfonodi coinvolti vengono ovviamente asportati, mentre si discute sull’opportunità di rimuoverli a scopo preventivo quando non sono coinvolti nella malattia.

Dopo l’intervento di tiroidectomia totale si somministrano in genere ormoni tiroidei in sostituzione di quelli che la ghiandola non può più produrre. Inoltre, nei carcinomi papillari e follicolari più a rischio di metastasi, il paziente, viene trattato con iodio radioattivo, a completamento delle procedure terapeutiche. Le cellule tiroidee sono avide di iodio perché viene utilizzato per produrre l’ormone tiroideo. La radiazione emessa dalle molecole di iodio radioattivo trasportato nel nucleo cellulare distrugge la cellula tiroidea.

Questo trattamento definito radiometabolico proprio per la sua specificità (raggiunge solo le cellule tiroidee che captano lo iodio) è particolarmente efficace e viene utilizzato al posto della classica radioterapia.

La chemioterapia è limitata alle neoplasie avanzate ed aggressive (in particolare il carcinoma anaplastico) ed a quelle che hanno già dato metastasi a distanza.

Le terapie con farmaci biologici sono riservate a forme particolari come il tumore midollare della tiroide, che colpisce ogni anno circa 200 italiani. Per questa patologia è stato introdotto recentemente il vandetanib, un inibitore della tirosin-chinasi che blocca la crescita dei vasi che nutrono il tumore e anche la proliferazione cellulare.

Chi è a rischio

È stato stimato che circa il 30% delle tiroidi esaminate in corso di autopsia presenta una forma tumorale non diagnosticata quando la persona era in vita: ciò significa che il cancro della tiroide è più comune di quanto si pensi, ma che spesso non dà segni di sé perché cresce molto lentamente ed è poco invasivo.

Le donne sono più colpite degli uomini nella proporzione di quattro a uno.

Fra i fattori di rischio accertati c’è il cosiddetto gozzo, caratterizzato da numerosi noduli benigni della ghiandola dovuti a carenza di iodio che può in alcuni casi predisporre alla trasformazione maligna delle cellule.

Un altro fattore di rischio accertato è l’esposizione a radiazioni: il tumore della tiroide è più comune in persone che sono state trattate per altre forme tumorali con radioterapia sul collo oppure che sono state esposte a ricadute di materiale radioattivo (è successo dopo l’esplosione delle bombe atomiche nella Seconda Guerra Mondiale e dopo il disastro della centrale atomica di Chernobyl).

La forma midollare può essere associata a una sindrome chiamata neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (o MEN 2) che ha una base genetica, per cui chi ne è affetto può avere in famiglia altre persone malate di cancro della tiroide o delle ghiandole surrenali (feocromocitoma).
Per questo i famigliari di pazienti affetti da carcinoma midollare sono invitati a sottoporsi a visite specialistiche e a esami del sangue per escludere la presenza di questa malattia.

Prevenzione

Poiché nelle aree dove il gozzo è endemico, per mancanza di iodio, vi è una maggior incidenza di neoplasie tiroidee, l’unica forma di prevenzione attuabile è quella di utilizzare sale iodato (si trova comunemente nei supermercati) invece di quello normale per evitare la formazione di gozzi.

In queste aree infatti l’apporto di iodio con la dieta è insufficiente e l’uso del sale iodato è utile anche nella prevenzione dei disturbi benigni della tiroide.

Non è invece indicata alcuna forma di screening, perché si tratta di tumori rari e che spesso non danno problemi per lunghi anni. Potrebbe essere utile un controllo con ecografia della ghiandola nelle donne con più di 45 anni.

È però utile far palpare la ghiandola dal proprio medico almeno una volta l’anno per individuare eventuali formazioni nodulari.

La palpazione della tiroide dovrebbe comunque far parte di un corretto esame clinico di medicina interna.

Si tenga presente che le informazioni presenti in questa pagina sono di natura generale e a scopo divulgativo e non sostituiscono in nessun caso il parere del medico, il primo punto di riferimento a cui ricorrere per avere informazioni, chiarimenti, e a cui affidarsi per consigli o esami.

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