Manca pochissimo alla celebrazione del World PKU Day, che dal 2013 ricorre puntuale tutti i 28 di giugno, mentre manca ancora tanta dell’attenzione dovuta a una malattia metabolica, cronica e rara come lo è la Fenilchetonuria (PKU, in inglese). Ne manca così tanta che pochi sanno di che patologia si tratti, e che dal 1992 rientra negli screening neonatali di tutta la nazione. Perché questa malattia, causata da una mutazione genetica del gene PAH, si presenta alla nascita dando alla vita regole ferree sin da subito. In Italia, considerate tutte le varianti della malattia, si stima che ne sia affetto 1 bambino ogni 2.581 nati.
A parte (in)formare e agire in direzione di cure sempre più capaci di mettere le esigenze del paziente al centro, le armi efficaci per tenere sotto controllo questa malattia sono ancora ridotte. Affinché non si incorra in un disturbo neurologico più o meno importante a seconda dei casi, o in un disturbo cognitivo o del comportamento quali l’iperattività, o finanche in una forma di disabilità gravissima, una farmacoterapia e una dietoterapia precoce iniziata fin dalla nascita che escluda fenilalanina (presente negli alimenti proteici), supportata da adeguate integrazioni e quando servono terapie farmacologiche, è l’unica strategia adottabile fino a questo momento.
Mossi dall’intento con cui è stato istituito il World PKU Day, ossia accrescere l’attenzione e la consapevolezza sociale su questa patologia e sui bisogni di chi ne ha a che fare, un gruppo di persone adulte sotto ai 30 anni affette da Fenilchetonuria aderenti a tre Associazioni, AMMeC (Associazione Malattie Metaboliche Congenite Onlus), Cometa A.S.M.M.E (Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie Onlus) e A.P.M.M.C (Associazione Prevenzione Malattie Metaboliche Congenite), si sono spostate da Nord, Centro e Sud Italia per incontrarsi a Milano e discutere dei loro bisogni ancora insoddisfatti, per la prima volta all’interno di una sessione co-creativa gestita dalla società di consulenza Atstrat. E la condivisione, come sempre, si è dimostrata un punto di forza.
«Mantenere alta l’attenzione riguardo alla PKU, sensibilizzando tutta la popolazione, è quanto mai importante. Le malattie rare e metaboliche, purtroppo, sono ancora orfane, nel senso che non hanno ancora quell’attenzione che meriterebbero», osserva Simonetta Menchetti, Presidente AMMeC: «Ben vengano incontri come questi, che coinvolgono le diverse realtà regionali e che possono far emergere sì differenze ma anche criticità comuni. Un esempio», continua la Presidente Menchetti, «è dato dal fatto che in Italia non esistono ancora centri ospedalieri specialistici per la cura delle malattie metaboliche in età adulta, e i pazienti adulti rimangono in carico agli ospedali pediatrici dove sono insediati i Centri di Riferimento, per tutta la vita, insieme a bambini e neonati». E per sottolineare questo disagio, Anna Maria Marzenta, Presidente di Cometa A.S.M.M.E., aggiunge: «Fino a molti anni fa, prima dello screening neonatale, la gente non sapeva nemmeno che esistesse la Fenilchetonuria e i medici preparati a occuparsi di questa problematica erano davvero pochi. Alcune persone, purtroppo, non hanno mai avuto diagnosi e i danni neurologici che ne sono seguiti sono stati anche importanti. I bambini che grazie allo screening neonatale hanno saputo di avere la PKU 20 o 30 anni fa sono degli adulti. A quali problematiche andranno incontro con l’avanzare dell’età? Che cosa possiamo fare per garantire loro una buona qualità di vita? Grazie ai progressi della scienza, oggi, le donne riescono a portare a termine una gravidanza e ad avere bambini sani, sia donne che uomini riescono a portare avanti gli studi, a laurearsi, ad avere una vita normale seguendo la dietoterapia, ma poi? Cosa succederà quando saranno ancora più grandi? Dobbiamo chiedercelo». «L’alleanza è lo strumento indispensabile per ottenere dei risultati proficui ed efficaci nell’assistenza», commenta il Professor Emerito di Pediatria, Marcello Giovannini, e Presidente di A.P.M.M.C. «La PKU è una condizione biochimica che richiede una terapia dietetica per prevenire i danni creabili dal difetto enzimatico. I bambini in generale, e dunque anche quelli affetti da questa malattia genetica, sono l’immagine del futuro che noi progettiamo, sono la nostra coscienza, e grazie alla prevenzione dobbiamo aiutarli a essere adulti sani. Questo si può fare costruendo un’alleanza, appunto, con la famiglia, accompagnando e indirizzando verso un cammino di crescita e di sviluppo. Il sistema salute, insomma, deve funzionare in questa direzione. Creare la cultura della responsabilità e della prevenzione è fondamentale», afferma il Professor Giovannini.
In concreto, quindi, cosa si può fare anche da quanto è emerso sul tavolo co-creativo? «Vorremmo che ci fosse più formazione tra i medici di base, perché dalla mia esperienza, anche quando i bambini fenilchetonurici hanno solo un banalissimo raffreddore, noi genitori dobbiamo andare dallo specialista, che magari è in un centro lontano. Vorremmo essere tranquillizzati, rassicurati, sapere se i nostri figli quando andranno all’estero per studiare o lavorare troveranno difficoltà o meno a recuperare ciò che serve loro per gestire la malattia. In questi casi, quali sono i centri a cui rivolgersi? Vorremmo una rete più efficace e maggiori informazioni, ma anche una maggiore tutela dei nostri diritti su tutto il territorio nazionale, senza differenze tra Regione e Regione o tra Provincia e Provincia. Il sistema sanitario che ci fornisce gli alimenti, gli integratori aproteici e gli aminoacidi deve garantire a tutti lo stesso trattamento e non operare sostituzioni arbitrarie o tagli in base a meri criteri di economia e di spesa senza tenere conto delle reali necessità dei pazienti», chiede Simonetta Menchetti. «Non siamo così pochi e non siamo così rari. Che i giovani affetti da Fenilchetonuria parlino e condividano le loro necessità è fondamentale, anche se con la dietoterapia tutto sembra andare bene. Far accrescere la consapevolezza in tutti è necessario», prosegue Anna Maria Marzenta. «Noi che facciamo parte di un centro di assistenza dobbiamo intercettare i bisogni dei pazienti in modo sempre più puntuale, contemplando anche l’idea di un percorso “esistenziale”, siano essi in Italia o all’estero. Voglio dire ancora una volta che l’alleanza tra operatori della salute, ricercatori esperti, pazienti, famiglie e Associazioni, è un’arma indispensabile per ottenere risultati efficaci, sapendo che il futuro sarà la terapia enzimatica e la terapia genica», conclude il Professor Giovannini.
L’evento di co-creazione appena conclusosi ha permesso di sentire tante voci di giovani adulti affetti da Fenilchetonuria, ed è stato possibile anche grazie al contributo incondizionato di Biomarin.