Usare l’editing genetico per inattivare una proteina chiamata Pcsk9 riduce efficacemente i livelli di colesterolo nei macachi rhesus, una specie di scimmie. I ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania hanno condotto il primo studio che dimostra una riduzione clinicamente rilevante dell’espressione genica in un modello animale di grandi dimensioni, grazie alle ‘forbici molecolari‘, arma di punta della ricerca contro una serie di malattie e condizioni.
Il team ha pubblicato il lavoro questa settimana su ‘Nature Biotechnology‘, aprendo la strada a un possibile nuovo approccio per il trattamento di pazienti affetti da cardiopatia che non tollerano gli inibitori del Pcsk9, i farmaci usati per combattere il colesterolo alto. “Molto spesso questi pazienti vengono trattati con iniezioni ripetute di un anticorpo“, ha spiegato il primo autore Lili Wang. “Ma il nostro studio dimostra che con l’editing genetico potrebbero non avere più bisogno di questo tipo di trattamento“, assicura.
I coautori dell’indagine, gli scienziati dell’azienda biotech Precision Biosciences di Durham, hanno ingegnerizzato un enzima chiamato meganuclease per riconoscere e inattivare specificamente il gene Pcsk9. E’ stato poi utilizzato un vettore virale (virus adeno-associati) per trasportare l’enzima nel fegato dei primati. Negli animali trattati, i livelli di Pcsk9 sono diminuiti fra il 45 e l’84% e i livelli di Ldl (il colesterolo ‘cattvio’ nel sangue) del 30-60%. Riduzioni clinicamente rilevanti e stabili. Le analisi molecolari del tessuto epatico ottenuto da biopsia hanno anche dimostrato che le mutazioni indotte modificano dal 40 al 65% dei geni Pcsk9.
Gli studi futuri si concentreranno su come mitigare la tossicità immunitaria e il verificarsi di modifiche a livello di altri target genetici. Ma oltre ai pazienti con ipercolesterolemia, questi dati aprono speranze contro un ampio spettro di malattie metaboliche del fegato causate da mutazioni di diversi geni.