Salute: “Su omeopatia e medicine complementari troppa disinformazione”

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Cure naturali, medicine complementari, omeopatia, fitoterapia, agopuntura. Dietro ognuna di queste definizioni ci sono pratiche con tanta storia e ricerca alle spalle, ma gli italiani in materia sono confusi, troppo spesso perchè hanno come unica fonte d’informazione il web – i social in particolare – dove tra fake news e bufale, è difficile orientarsi.

“Spesso chi critica non conosce e critica senza aver visto i risultati, perché se davanti a quel risultato ci sei e lo vedi ogni giorno, come nel mio caso, ti viene voglia di approfondire e comprendi il valore aggiunto del fare medicina in modo integrato”, afferma Stefania Piloni, ginecologa e docente di Medicina Complementare all’Università degli Studi di Milano, che da oltre 25 anni alla sua specializzazione in ginecologia ha aggiunto l’omeopatia e la fitoterapia.

Spesso infatti la disinformazione dipinge e trasforma chi pratica medicina complementare in stregoni o ciarlatani, dimenticando o ignorando che alcune discipline, come l’omeopatia, sono riconosciute ufficialmente dall’Ordine dei Medici e di esclusiva competenza di un laureato in medicina e odontoiatria che ha seguito un ulteriore percorso formativo ad hoc.

“Non si tratta nè di mode nè di fai da te – ammonisce Simonetta Bernardini, presidente della Società Italiana Omeopatia e Medicina Integrata – ma di un atto medico che va sempre ricondotto all’azione di un medico che, in queto caso se ha anche altre competenze può allargare la sua ‘cassetta dei medicinali’ con altre tecniche terapeutiche”. “E’ bene ricordare – prosegue Bernardini – che la diagnosi è quella della medicina ‘classica’, ed è prima di tutto questa che serve a stabilire se una patologia deve essere curata con la medicina ‘ortodossa’ o con l’omeopatia, l’agopuntura, la chiropratica o altro, tutte tecniche terapeutiche che possono essere aggiunte alla medicina tradizionale o anche sostituirla ma in casi selezionati”, precisa.

“Praticare la medicina integrata, aggiungendo altre specializzazioni e altri percorsi formativi, come nel mio caso l’omeopatia o la fitoterapia significa avere un’arma in più per poter offrire a tutte le donne una buona terapia” , sostiene Stefania Piloni, citando la sua esperienza decennale in aiuto delle donne, convinta che sia necessario “far conoscere alla gente e agli stessi medici questo meraviglioso modo di fare medicina”.

Se pensiamo che molte rimangono escluse dalle terapie classiche tradizionali, ad esempio perché non possono fare cure a base di ormoni, come le donne con cancro al seno o in menopausa, con cisti ovariche o endometriosi o che non possono usare la pillola perché hanno avuto un problema di coagulazione del sangue per cui rischierebbero una trombosi, oppure pensiamo a una giovane donna con un problema di acne, ovaio policistico o irregolarità dei cicli mestruali che magari abbia appena 12 anni, cioè una bambina, per la quale un medico deve chiedersi “posso darle la pillola o trattarla in altro modo?’. Ecco io posso scegliere l’altro modo, ma la cosa ancora più bella è che posso scegliere di usare due modi, spesso insieme, integrandoli”.

“Il bello delle terapie naturali – spiega ancora la ginecologa – è che fanno in modo che il corpo trovi da solo la sua strada per rispondere. In altre parole, io non ti presto la soluzione, non ti regalo l’ormone, l’antibiotico o l’antimicotico ma ti aiuto affinchè tu riesca a portare la tua soluzione“. Così la medicina diventa ‘democratica’, “non esclude nessuna ed è una medicina per tutte le donne”, conclude Piloni.

“Quando si parla di Salute e di malattie – sostiene Paola Minghetti, ordinario di Tecnologia, Socioeconomia e Normativa dei medicinali all’Università degli Studi di Milano – indubbiamente l’informazione è un aspetto molto importante e molto critico. Ma chi è autorizzato a fare informazione validata e convalidata? Sicuramente è veritiero quello che si trova sul foglio illustrativo, nell’etichetta e anche nella pubblicità, che viene sempre valutata e validata. Al contrario, altri canali di informazione non ufficiali sul web, a partire dai social, sicuramente non sono controllati o validati, e spesso contengono informazioni non corrette e fuorvianti“.

In tema di terapie complementari, sulle quali c’è altrettanta confusione, l’esperta chiarisce: “Se una persona vuole trattare una patologia o prevenirla ha a disposizione medicinali o dispositivi medici, nel senso che solo queste categorie di prodotti hanno sicuramente una proprietà dimostrata che gli organi amministrativi hanno verificato. Infatti un medicinale ha bisogno di dossier appositi con studi clinici preclinici e clinici di qualità, esaminato dall’Agenzia del farmaco, analogamente un dispositivo medico deve preparare un dossier che viene valutato da un organismo qualificato e notificato. Tutti gli altri prodotti, seppure di origine naturale – spiega – non hanno una dimostrazione di efficacia e sicurezza nel trattamento di una patologia, quindi possono essere usati per migliorare il proprio stato di benessere, come nel caso degli integratori, ma non quando siamo malati o per prevenire una patologia”.

“La differenza – spiega – sta nel meccanismo di azione: il dispositivo medico normalmente è un oggetto, ad esempio il cerotto che ci aiuta a cicatrizzare una ferita, ma ci sono anche dispositivi a base di sostanze, come ad esempio gli sciroppi per la tosse. Diversi sono invece i medicinali, che agiscono attraverso una modificazione delle reazioni con i recettori.

Tra questi possiamo annoverare i fitoterapici, prodotti a base di piante con quantitativi anche ponderali importanti e gli omeopatici che hanno la caratteristica di essere dei medicinali con quantità di principio attivo molto basso. Omeopatici che possono essere fatti a partire da piante, tinture madri, prodotti chimici, minerali o altro, ma tutti seguono lo stesso iter per garantire che siano sicuri. Quindi – precisa – l’assenza di indicazione su un prodotto non vuole dire che non è un medicinale, lo è ed è classificato come tale a tutti gli effetti per scelta della Comunità europea”.

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