Sono stati dimessi poche ore fa, dall’ospedale di Chiang Rai, i 12 giovani calciatori salvati nella grotta di Tham Luang nel nord dell’Indonesia. Ricoverati la settimana scorsa per esami e cure dopo il periodo trascorso sottoterra senza cibo, i ragazzi e il loro allenatore stanno incontrando in questi minuti i giornalisti per rispondere alle loro domande prima di riprendere la loro vita. Sarà l’unica occasione per la stampa di avvicinarli, successivamente i ragazzini dovranno essere lasciati tranquilli per facilitare la loro piena ripresa psicologica. Le domande dei giornalisti sono state vagliate in anticipo dagli psicologi.
E’ stato consentito ai 13 di lasciare l’ospedale un giorno prima del previsto ed stata subito organizzata una conferenza stampa “perché i giornalisti possano fare loro tutte le domande che vogliono e poi, una volta a casa con i loro genitori, li lascino in pace“.
Uno dei ragazzi intrappolati: “Quando ho visto i soccorsi ho pensato fosse un miracolo”
“Quando ho visto i soccorsi ho pensato fosse un miracolo“: lo ha dichiarato Adul Sam-on, 14 anni, uno dei membri della squadra di calcio salvati dalle grotte di Tham Luang in Thailandia, durante la conferenza stampa. Il ragazzo ha riferito che ad un certo punto di avere sentito delle voci ma non credevano che potesse esserci qualcuno. Poi uno dei sommozzatori inglesi è emerso dall’acqua. Erano sorpresi che non fosse thailandese, ha spiegato il giovane.
Per giorni bevuta solo acqua piovana
I dodici giovani calciatori e il loro allenatore sono sopravvissuti per 9 giorni bevendo solo acqua piovana: “Il mio cervello non funzionava molto bene” senza cibo, ha raccontato Adul Sam-On, 14 anni, che per primo aveva risposto, in inglese, ai sommozzatori britannici arrivati a salvarli.
Hanno provato a scavare tunnel per uscire
“Abbiamo provato a scavare” una via d’uscita “perché non volevamo stare solo ad aspettare che le autorità ci salvassero“, ha spiegato Ekkapol Chantawong, l’allenatore.
“Dalla prima intersezione ci siamo mossi, inoltrati per circa 200 metri, dove c’era una collina e una cascata. E poiche’ era vicina all’acqua, abbiamo pensato che fosse un posto migliore. Non avevamo paura in quel momento e abbiamo pensato: ‘il livello dell’acqua dovrebbe scendere e sicuramente qualcuno cerchera’ di trovarci’. E poi abbiamo scavato un po’, utilizzando pietre, cercando una via di uscita. Pensavamo ‘dobbiamo trovare una via d’uscita, forse c’e’ una via d’uscita’. Alcuni dei ragazzi erano stati gia’ nella grotta, e dicevano ‘c’e’ un’altra uscita’“, hanno raccontato.
I ragazzi e l’allenatore si sono detti tristi e in colpa per la morte del volontario Saman Gunan, l’ex Navy Seal che ha perso la vita per mancanza di ossigeno nella preparazione dell’operazione di recupero. Quattro di loro hanno dichiarato che il loro sogno è di diventare Navy Seal in futuro, e tutti hanno raccontato di sentirsi più forti e pazienti dopo l’esperienza che hanno vissuto.
Dopo la conferenza stampa i ragazzi potranno tornare finalmente a casa.