Sono stati ritrovati ieri i 12 ragazzi thailandesi e il loro allenatore di calcio, bloccati in grotta da nove giorni: la notizia ha fatto il giro del mondo e lo ha commosso.
Ora, il compito di portarli in salvo sembra molto più complesso del previsto, tanto che i soccorritori hanno reso noto che potrebbero volerci mesi.
“L’avevamo definita una ‘missione impossibile’ perché pioveva ogni giorno ma con la nostra determinazione e le nostre attrezzature abbiamo combattuto contro la natura“, ha dichiarato ieri il governatore di Chiang Rai dopo l’annuncio del ritrovamento.
La squadra di calcio, accompagnata da un allenatore di 25 anni, è rimasta intrappolata nella cavità il 23 giugno quando la piogge torrenziali hanno invaso l’ingresso principale delle grotte di Tham Luang, nel nord della Thailandia: sono tra le più estese del Paese e di difficile accesso.
Il Guardian e la BBC hanno intervistato vari esperti per riuscire a effettuare un’analisi della situazione per comprenderne la complessità.
Anmar Mirza, coordinatore della Commissione Usa per il salvataggio nelle grotte, ha spiegato per per fare uscire i ragazzi non ci sono molte opzioni e molto dipende dall’andamento delle piogge monsoniche nelle prossime settimane. Cercare di portare fuori i ragazzi facendoli immergere è l’opzione più pericolosa, ma anche la più rapida. L’esperto spiega che la questione più importante è capire se sono al sicuro nella caverna anche se l’acqua continua a salire: se sì, la scelta migliore sarebbe far arrivare loro rifornimenti in modo da garantirne la sopravvivenza finché non si troveranno altre opzioni.
Butch Hendricks, sommozzatore veterano e presidente della società statunitense Lifeguard Systems ha spiegato invece che il fatto che nessuno dei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni sappia nuotare complica molto le cose. Se non hanno paura dell’acqua, potrebbero indossare un’attrezzatura che consenta loro di respirare e una maschera che copra tutto il viso. Si consideri però che sub addestratissimi hanno impiegato sei ore per raggiungere il luogo dove si trovano i ragazzi, passando per cunicoli strettissimi invasi da fango e detriti.
Per portarli in salvo, secondo Mirza, a seconda del percorso che verrà scelto, potrebbero volerci da pochi giorni a poche settimane a due o tre mesi. Secondo Hendricks invece la prima persona potrebbe uscire dalla grotta nel giro di cinque-sette giorni.
Se tutto dovesse andare come previsto l’intero gruppo potrebbe rivedere la luce entro due settimane o un mese.
Altri hanno suggerito che scavare un passaggio potrebbe essere la soluzione migliore per far uscire i ragazzi: l’operazione è tutt’altro che semplice, in quanto occorre costruire una strada per far transitare i mezzi e le attrezzature necessarie per perforare la roccia. Poi, ha proseguito Mirza, occorre preparare una mappa della caverne, che si estendono per 10 km nel sottosuolo, in modo da individuare il posto giusto in cui scavare.
Secondo Mirza se si sceglie l’immersione, un soccorritore che trasporta una persona non addestrata rischia la morte di entrambi. Inoltre i sommozzatori potrebbero non riuscire a far passare l’attrezzatura: Hendricks sostiene che i cunicoli strettissimi implicano che i sommozzatori in alcuni punti debbano togliere l’attrezzatura, farla passare avanti e poi indossarla nuovamente.