Il crollo del ponte Morandi a Genova è solo l’ultimo di una serie di eventi che negli ultimi quattro anni si sta ripetendo con una ”preoccupante regolarità”. Prima il viadotto di Petrulla, il cavalcavia ad Annone, il sovrappasso dell’autostrada adriatica e la tangenziale di Fossato: dal 2014 ad oggi sono cinque le opere che hanno ceduto, in diverse parti del paese. A fare l’elenco è il direttore dell’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Consiglio nazionale delle ricerche Cnc-Itc, Antonio Occhiuzzi, secondo cui l’elemento in comune ”è l’età (media) delle opere. Gran parte dei ponti ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile” delle opere realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60).
Sono “decine di migliaia” i ponti che in Italia hanno superato la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti, spiega l’ingegnere. ”In moltissimi casi, i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione”. Quelli ricostruiti, inoltre, ”sarebbero dimensionati per i carichi dei veicoli attuali, molto maggiori di quelli presenti sulla rete stradale italiana nella metà del secolo scorso”. ”Per evitare tragedie come quella accaduta stamattina sarebbe indispensabile una sorta di ‘piano Marshall’ per le infrastrutture stradali italiane”. Vanno sostituiti ”gran parte dei ponti italiani con nuove opere caratterizzate da una vita utile di 100 anni”, spiega Occhiuzzi. ”Così come avvenuto negli anni ’50 e ’60, d’altra parte, le ripercussioni positive sull’economia nazionale, ma anche quelle sull’indebitamento, sarebbero significative”.